Non possiamo non notare che si è trattato del primo Campionato primaverile senza Federica Pellegrini, per la prima volta ben 21 anni dopo Livorno 2001. Un Campionato particolare perché il primo in una situazione di normalità dopo due anni tosti da affrontare. E soprattutto il primo in una stagione che si può definire proprio particolare per una distribuzione delle competizioni internazionali che non si è mai presentata prima d’ora.
In parte erano figli della stagione olimpica appena passata, ovvero degli effetti residui dell’allenamento, aiutati dal fatto di essere in vasca corta come avevano affermato sempre su questa rubrica: «come si ottiene un livello prestativo già alto ad inizio stagione? Chiaramente bisogna porre l’accento sul fatto che la vasca corta ha il vantaggio di poter contare maggiormente su presupposti tecnici che è possibile sviluppare e mantenere consolidati in modo quasi permanente da parte degli atleti. Leggermente diverso è il discorso per le capacità condizionali, ma anche in questo caso le nuove metodologie di allenamento permettono di inquadrarle meglio e in maniera più funzionale».
Dopo i Mondiali in vasca corta di Abu Dhabi sono trascorse, escludendo la settimana di Natale, 15 settimane, un periodo ottimale per svolgere un classico ciclo di allenamento ben collaudato, con le classiche 3 fasi: generale, speciale e specifica; per arrivare allo scarico pre-competizione. Di sicuro dopo una stagione invernale così ricca di impegni era fondamentale tornare a un periodo simile, che ha sicuramente permesso di lavorare al meglio in modo più graduale ai prerequisiti di gara.
Da quello che si è osservato nella cinque giorni di gara in terra romagnola sono emerse situazioni in parte contrastanti, soprattutto per quanto riguarda il settore maschile, quello più coinvolto nel percorso descritto in precedenza, inteso come Olimpiadi da protagonisti e medagliati, stagione invernale di vasca corta con il doppio appuntamento e in aggiunta le due fasi della ISL.
Il ranista lombardo ormai ha dimostrato di essere un atleta evoluto perché gestisce le sue gare in modo tale, sin da come affronta le batterie del mattino, unico in Italia! Peccato non averlo visto sui 200, gara dove può dire molto, anche se quanto visto in vasca corta alla finale di Coppa Brema con una prestazione da 2’03”9 non è trasportabile in vasca lunga in virtù di una frequenza di bracciata troppo elevata in tale contesto, ma ciò non toglie abbia tutte le carte in regola per essere protagonista in una distanza dove al momento stiamo attendendo l’esplosione di nuovi talenti.
Lo stileliberista torinese invece si sta dimostrando in crescita riuscendo ad effettuare prestazioni sotto i 48 secondi, elevando ulteriormente i suoi standard in questa gara. Viste le velocità che si stanno raggiungendo, è importante essere abituati a nuotare questi tempi più volte nella stagione, per avere sempre maggiore padronanza nel saperle gestire. D’altronde il miglior passo gara è la gara stessa, non il frazionato, perché si tratta solo di una simulazione.
Sempre nella disciplina che ci ha dato la gioia dell’argento olimpico, ottima conferma di Lorenzo Zazzeri, che sta mostrando una vasca di ritorno sempre più solida, e Leonardo Deplano, un atleta sensibilissimo, che con la sua allenatrice sta portando aventi un percorso serio volto a completarsi definitivamente anche nei 100.
Infine, anche la staffetta mista, medaglia olimpica ancora più nella storia, insieme a questi tre ragazzi, si completa con un ritorno di Piero Codia ai livelli che gli competono. Un cambio di allenamento per il triestino, tornato nella sua città natale, che ha già fornito segnali confortanti, in quanto il 51”6 è uno dei migliori tempi nuotati ad aprile, ed è finalmente ritornato a nuotare la seconda vasca sotto i 28 secondi.
Alcune difficoltà, legate a problemi fisici e altre situazioni contingenti, si sono verificate per gli altri protagonisti di Tokyo e della stagione in vasca corta; mi riferisco ad Alberto Razzetti, Federico Burdisso e Michele Lamberti. Di sicuro, il loro è stato un Campionato comunque buono, anche se ha evidenziato una maggiore distanza dai loro periodi migliori. Purtroppo, il corpo umano è una macchina tanto complessa e delicata, che la miglior periodizzazione dell’allenamento può al massimo aumentare la probabilità di riuscita, non è garante del 100 %, così come non rende invulnerabili dai malanni fisici.
Dai protagonisti olimpici, a chi dall’olimpiade è tornato deluso, non si può non citare Marco De Tullio nello stile libero prolungato maschile. Le sue doti tecniche sono note a tutti, un nuotatore completo in tutte le fasi della nuotata, grande coordinazione, e capacità di cambiare ritmo. Come lui stesso ha affermato nell’intervista dopo l’ultima giornata che l’ha reso protagonista vincendo anche i 200 stile libero (oltre ai 400 e agli 800), parte tutto dalla testa.
Apparentemente una banalità, ma una grande verità. Un atleta per riuscire in questo intento deve avere prima di tutto una motivazione intrinseca, che deve essere rinforzata da una serie di elementi indispensabili: l’ambiente di lavoro, l’empatia con l’allenatore, e un programma di allenamento idoneo ad esaltare le caratteristiche individuali. Se uno di questi anelli della catena viene a mancare, ecco che la motivazione si deteriora e inevitabilmente si finisce per andare avanti (in allenamento e poi in gara) solo per inerzia, e in questo modo non si va tanto lontano.
Dagli spunti incoraggianti del settore maschile, ai tanti punti interrogativi del settore femminile, che soprattutto in alcune discipline deve affrontare un duro banco di prova.
L’unica disciplina che al momento ha dato risposte incoraggianti è stata la rana femminile con una buona ripresa della giovanissima Benedetta Pilato, la fame di Arianna Castiglioni per quanto riguarda i 50 e 100 rana; e la voglia di affermarsi definitivamente a livello internazionale di Francesca Fangio nei 200 rana. Ricordiamo che proprio quest’ultima ha affrontato una stagione invernale di altissimo livello togliendosi pure la soddisfazione di salire su un podio europeo e di una finale mondiale.
Sempre per quanto riguarda atlete di livello internazionale è stato un Campionato di passaggio sia per Simona Quadarella che per Margherita Panziera: entrambe hanno vinto con tempi nei loro standard, di sicuro avremo modo di valutare meglio la loro condizione ai prossimi appuntamenti internazionali, impegni che sono ormai imminenti.
Infatti, da un ciclo di 16 settimane, che ha permesso la tregua necessaria per rigenerarsi al meglio, ecco che la teoria dell’allenamento tornerà a scontrarsi con la dura realtà del calendario competitivo di questa stagione 2021-2022. Da Riccione a Roma via Budapest, due periodi di 8 settimane ciascuno. Anche questa volta, a costo di essere ripetitivo voglio fornire come spunto quanto affermato in questa rubrica per spiegare il percorso di avvicinamento ai Giochi Olimpici, ma facendo una premessa diversa.
Un periodo di 16 settimane, come il precedente, permette di svolgere la classica programmazione a blocchi, nella quale in virtù del tempo maggiore a disposizione, in ciascun blocco si può dare maggior risalto a un aspetto in particolare. Essendo obbligati a periodi più corti (la metà in questo caso), la distribuzione delle varie componenti allenanti viene inevitabilmente alterata e «per tale motivo ha preso sempre più piede una nuova forma di periodizzazione nota come periodizzazione ondulata. Si tratta di una metodologia di lavoro basata sulla continua variazione degli stimoli allenanti, anche settimanalmente in base alle esigenze, di allenamento e di gara. L’obiettivo è far tornare i conti nell’appuntamento più importante. Questo permette di non dover attendere periodi troppo lunghi».
Questa volta il bilancio finale lo faremo la settimana di ferragosto, nella splendida cornice del Foro Italico!
Foto: Fabio Cetti | Corsia4