Quarto appuntamento con Mike Maric e Valter Mazzei, per esplorare il progetto SWIM LIKE A DOLPHIN®.
Ci hanno già raccontato come è nato il progetto e come si è sviluppato nel tempo, passiamo ora ad una parte più tecnica per capire quale può essere la strada da intraprendere per migliorare il quinto stile.. la nuotata subacquea.
Valter
Dopo aver scelto di partire con il progetto SWIMLIKEADOLPHIN®, abbiamo cercato tutti gli studi effettuati sui delfini e la loro nuotata per confrontare la biomeccanica del delfino con quella dell’essere umano e successivamente per progettare strumenti (monopinna) e sperimentare movimenti che permettessero di assimilare la nuotata dei Sapiens a quella dei delfini.
Siamo quindi passati a studiare i vortici che si creano attorno al corpo durante la nuotata per migliorare l’assetto in acqua con l’obiettivo di ridurli e di aumentare di conseguenza la velocità di nuotata, oltre che per avere benefici fisiologici a livello corporeo generale.
Biomeccanica delfino
Mike
Ci siamo basati sugli studi di analisi della biomeccanica delle nuotate dei delfini, condotti a partire dagli anni ’70 per scopi militari, senza realizzare ulteriori studi, osservazioni e misurazioni dirette. Tutto ciò che oggi si sa sulla nuotata dei delfini deriva da questi studi: gli ingegneri hanno esaminato e analizzato questo materiale per migliorare la performance dei pinnatisti.
Attraverso lo studio delle sinusoidi dei movimenti dei delfini, si è potuto osservare come questi mammiferi marini riescano a trasferire i carichi dalla pinna centrale a quella caudale.
Riguardo ai materiali usati dai pinnatisti, la monopinna inclinata è stata introdotta a partire dal 1999-2000, rivoluzionando il mondo del nuoto pinnato! Questo tipo di monopinna è stata progettata osservando come è strutturata la pinna caudale dei delfini (analisi dell’angolo tra la pinna caudale e il corpo del delfino, NdR).
Per strutturare questo progetto e ampliare le nostre conoscenze, abbiamo esaminato tutti gli studi di questo tipo attualmente in circolazione. Inoltre cerchiamo di mantenerci sempre aggiornati sulle nuove scoperte, partecipando anche a seminari specifici, come ad esempio quello di Bob Gillett, l’allenatore di Misty Hyman riguardo all’allenamento delle subacquee nel nuoto.
Come è possibile trasporre i risultati delle analisi del movimento dei delfini, mammiferi acquatici al 100% sui Sapiens, mammiferi terresti al 100%?
Si parte dalla linea di avanzamento del corpo immerso in acqua, delfino o Sapiens che sia. Il corpo umano possiede delle articolazioni che il corpo del delfino non ha, le quali formano degli angoli (ad esempio: caviglie, anche, scapole, il tratto cervicale).
Il nostro obiettivo è quello di avere una streamline entro la quale nuotare, ovvero quello di rendere il corpo il più idrodinamico possibile.
Il primo punto è lavorare sulla riduzione l’angolo del cingolo scapolo-omerale, per ottimizzare la posizione delle braccia, della porzione anteriore del corpo e della testa. Abbiamo tutti potuto osservare come si sono evolute queste posizioni a partire dalla nuotata di Denis Pankratov fino alla nuotata di Michael Phelps.
Denis Pankratov
Michael Phelps
Il secondo punto sul quale andiamo a lavorare è il potenziamento del CORE, ricordando che il movimento nasce a livello del bacino, o più specificamente dal diaframma addominale e che la propulsione non è data dalle gambe!
Allenare l’apnea permette di imparare ad utilizzare il diaframma addominale per far nascere il movimento proprio in questa zona.
Altro importante punto di attenzione è il bacino e la sua mobilità (intrinseca ed estrinseca), per utilizzare al meglio il movimento del tronco nelle subacquee. Questo permette di consumare una minor quantità di ossigeno rispetto a quella consumata dal movimento degli arti inferiori, i quali, avendo masse muscolari più importanti, vanno ad aumentare il debito di ossigeno.
Un altro aspetto da considerare è la mobilità dell’articolazione della caviglia, perché è risaputo quanto il colpo di frusta della caviglia sia fondamentale nella velocità della nuotata. (studio della Speedo sulla nuotata di Michael Phelps).
Si è poi passati a studiare le sinusoidi del movimento umano per il trasferimento dei carichi comparandole con quelle dei delfini. Inizialmente attraverso l’utilizzo di monopinne piatte nelle quali la pala è in linea con la pianta del piede e successivamente usando monopinne inclinate nelle quali la pala è inclinata di 17°-30° rispetto alla linea del piede, ma resta in linea con la caviglia.
Questo secondo tipo di monopinna presenta anche il cinghiolo posteriore aperto. Tutte queste caratteristiche permettono di mantenere la mobilità articolare della caviglia.
Monopinna piatta
Monopinna inclinata
Se immaginiamo un nuotatore durante la fase subacquea della nuotata, l’utilizzo della monopinna inclinata unito all’obiettivo di nuotare nella propria streamline possono essere d’aiuto in differenti modi, ad esempio per assumere il corretto posizionamento del cingolo scapolo-omerale e quindi della braccia e della testa, per aumentare la mobilità della caviglia e del cingolo pelvico (soprattutto dell’articolazione coxo-femorale o articolazione dell’anca, tra femore e osso iliaco), per imparare a far nascere il movimento dal diaframma addominale e per sentire la velocità.
Infine, se usata con cognizione, la monopinna può aiutare molto anche il nuotatore agonistico e non solo l’apneista o il nuotatore di nuoto pinnato.
Ed è quello che sto facendo con Federica Pellegrini, Filippo Magnini, Gianluca Maglia e Matteo Giordano al Centro di Verona, tramite il coach Matteo Giunta che ha creduto e crede in questo metodo, dandomi massima fiducia e disponibilità.
(Foto e immagini: Mike Maric)