“La pressione maggiore veniva da me, volevo essere un esempio. Mi sembrava di nuotare con tutto il peso della comunità afroamericana sulle mie spalle, era insostenibile. Per reagire non facevo altro che allenarmi: mi allenavo così duramente e senza pause che il mio corpo alla fine si è come rotto. Andava sempre peggio.”Queste sono alcune delle parole più toccanti che Simone Manuel pronuncia nell’intervista Simone Manuel: Head Above Water, un mini documentario che trovate su YouTube e che vi consiglio caldamente di guardare. Dura circa un quarto d’ora, è comodamente sottotitolato e fornisce diversi spunti interessanti su alcune tematiche che, nonostante negli ultimi periodi trovino sempre maggior risalto, spesso rischiano di passare sotto traccia.

Ma partiamo dal principio.

Chi è Simone Manuel

Simone Manuel è la prima donna afroamericana capace di vincere un oro Olimpico nel nuoto, e per di più nella gara regina, i 100 stile di Rio 2016. Oltre a questo, è anche riuscita – prima americana di sempre – a vincere 50 e 100 stile nello stesso Campionato Mondiale (2019), e ha nel suo palmarès qualcosa come 17 medaglie mondiali e 5 Olimpiche. Con 52.04 è la quarta donna di sempre nei 100 stile, dietro solo a Sjoestroem, McKeon e Campbell. Già questi dati ne fanno, a solo 26 anni, una leggenda vivente del nuoto.

La sua carriera ha subito una brusca frenata durante il lockdown, quando il suo corpo e la sua mente hanno iniziato a sentire il sovraccarico di una situazione che era per lei diventata ormai insostenibile. La pressione di dover essere sempre performante, le aspettative che c’erano intorno alla sua figura e quelle che lei aveva su sé stessa erano deleterie, ed i risultati hanno smesso di arrivare. Questo nonostante si stesse allenando “Meglio di sempre”, come le diceva il suo coach, anche se i tempi in gara non erano per niente soddisfacenti.

Finalmente, a pochi mesi dai Trials 2021, i medici le diagnosticano la sindrome da overtraining, un problema abbastanza comune tra gli atleti che continuano ad allenarsi duramente ma che non ottengono i risultati sperati. La sindrome si manifesta anche con insonnia, depressione e ansia, e rende un atleta semplicemente incapace di performare come vorrebbe. Non ci sono soluzioni se non il riposo, ed è quello che Manuel fa proprio a poche settimane dai Trials.

Overtraining e Mental issue

Dopo i Trials, conclusi con risultati non pienamente soddisfacenti, Manuel parla del suo problema pubblicamente in conferenza stampa, ma invece che trovare la comprensione dei media viene travolta da un certo scetticismo: “Tutti pensavano che io avessi la testa altrove, negli sponsor o in chissà che, e che non fossi più in grado di essere un’atleta agonista. Niente di più sbagliato.” Il trattamento che le viene riservato è purtroppo un classico: ritenere gli atleti dei privilegiati che vivono una vita di agi e non possono per questo lamentarsi di nulla è la via più facile per spiegare situazioni che, invece, hanno spesso tutt’altra natura.

La verità è che Simone Manuel è un essere umano come tutti, e come tutti può avere alti e bassi nella vita e nel lavoro, con la sola differenza che la cassa di risonanza mediatica attorno ad un suo passo falso fa molto più rumore che quella di un qualsiasi altro lavoratore. Il fatto che lei debba accettare un suo fallimento davanti a decine di giornalisti invece che dietro ad uno schermo di un computer in un ufficio non cambia la sostanza della cosa. E c’è una grande differenza tra la valutazione pura della prestazione – positiva o negativa che sia – magari accompagnata da un’analisi tecnica degli errori commessi in gara ed il giudizio morboso su ciò che si presume, spesso erroneamente, ci sia dietro a quella prestazione.

Parigi 2024, vademecum per il tifoso

Siamo alle porte della più bella ed importante manifestazione sportiva: i Giochi Olimpici. Gli atleti si preparano per anni ed anni affrontando non solo durissimi allenamenti ma anche situazioni complicate: malattie, infortuni e\o prestazioni sotto le aspettative....

Fatti di nuoto Weekly: previsioni Olimpiche volume 2, uomini

Sabato inizia la settimana santa del nuoto Olimpico e la tensione è ormai alle stelle. Mancavano solo i pronostici maschili, eccovi serviti. Con Fatti di nuoto weekly ci si risente a Giochi fatti. Se vi siete persi la "puntata precedente": Volume 1: donne.50 stile...

Parigi 2024 | le gare degli Azzurri alle Olimpiadi

-4 al primo "Take your marks" Olimpico del nuoto in vasca, le gare si terranno dal 27 luglio al 4 agosto 2024 presso Paris La Défense Arena. La spedizione azzurra, è composta da 36 atleti - 16 donne e 20 uomini - vediamo a quali gare sono iscritti e il programma del...

Il Nuoto alle Olimpiadi: le specialità perdute

Le Olimpiadi sono un evento globale atteso e seguito in tutto il mondo, al quale partecipano perlopiù atleti professionisti che vivono dello sport da loro praticato e ne ricevono spesso fama e notorietà. In origine, tuttavia, gli sportivi olimpici non erano dei...

Il Nuoto alle Olimpiadi di Parigi 2024: le staffette

La prima staffetta del programma Olimpico del nuoto si disputò nel 1904 a St Louis e fu una 4x50 iarde a stile libero, aperta esclusivamente a quattro club statunitensi, due di New York, uno di Chicago ed uno del Missouri. In realtà, anche la squadra della Germania...

Fatti di nuoto Weekly: previsioni Olimpiche volume 1, donne

Ragazzi, manca una settimana eh. Non si scappa più, Les jeux sont faits. Ecco le previsioni Olimpiche più azzardate che troverete nell’internet. Volume 1: donne.50 stile liberoAnche se il sogno è Sarah Sjöström (e razionalmente avrà dalla sua un programma gare più...

Cosa ci dice Simone Manuel

“Vincere non è tutto… ma è divertente!”, dice Manuel al termine dell’intervista con il sorriso sulle labbra, ma per poterlo dire è dovuta passare attraverso mille difficoltà. Una su tutte, un’edizione delle Olimpiadi dove ha raccolto una medaglia in staffetta, quando invece in molti si aspettavano da lei ben altri risultati. Sacrificare tutto per lo sport, evidentemente, non è più il suo principale desiderio: “Voglio solo nuotare senza aspettative né pressioni, soprattutto da me stessa.”

Non tutti gli atleti sono uguali, non tutti hanno lo stesso approccio allo sport proprio come non tutti gli esseri umani hanno lo stesso approccio alla vita. Quello che per molti è rappresentativo di successo a volte rende semplicemente infelici, e basta leggere la biografia di molti super atleti per scoprirlo facilmente (ricordate Agassi o Phelps?).

Forse è arrivato il momento di pensare che gli atleti, che noi spesso tendiamo a prendere come esempio principale di successo nella società e nella vita, non rappresentano l’unica via possibile la cui alternativa è il fallimento. Non tutti sono disposti a sacrificare la propria esistenza per i risultati sportivi e, soprattutto, non è necessariamente questo il modo giusto di vivere le cose.

Non avrei nulla da ridire, ad esempio, se Tom Brady, o Gigi Buffon, o Nicholas Santos mi raccontassero che fare gli sportivi professionisti fino a 40 anni e oltre è stato per loro una gioia, il coronamento di tutte le loro aspirazioni, il loro sogno.

Pensare che invece Simone Manuel si è sentita costretta a farlo dall’ambiente esterno – così come Caeleb Dressel, per esempio – mi rattrista un po’ di più. E mi fa riflettere.

Foto: Fabio Cetti | Corsia4