Sono al mare, il posto dove ogni volta avviene, per quanto mi riguarda, il paradosso più grande per un nuotatore: quantità d’acqua tendente all’infinito, voglia di nuotare ai minimi storici.

E così, la mia mente viaggia nei momenti di relax, soffermandosi su cose strane. Tipo quel signore che fa le sculture con la sabbia. Avete presente? Ce ne sono un pò dappertutto: una sirena, uno squalo, uno squalo che si mangia una sirena. Anche il mio papà, quando ero piccolo, da buon pittore si cimentava in questa fantastica arte; io è già buona se faccio la pista di biglie a forma di 8 (che comunque è già una cosa).

Ma che c’azzecca col nuoto? Con me ho un quotidiano del periodo olimpico, lasciato indietro da leggere, e c’è la foto di Federica Pellegrini. Ecco quindi il collegamento funambolico…

ISPIRAZIONE ESTIVA

Ogni volta che Federica Pellegrini si presenta alla partenza di un 200 stile, me la immagino come un pittore davanti ad una tela bianca, o uno scultore alle prese con un blocco di marmo intero. O come quel signore davanti alla sabbia grezza.

Nel suo caso, pennello e scalpello sono braccia e gambe, i colori sono le interpretazioni di gara che, ha a disposizione e che nel corso della carriera ma anche delle stagioni stesse, ha utilizzato. Come gli artisti mischiano la loro tecnica all’estro, Federica Pellegrini affronta le gare con uno schema ben preciso ma sa anche affidarsi all’ispirazione, alla situazione particolare, soprattutto quando si tratta di grandissimi finali.

Se dovessi individuare un momento in cui decide cosa fare, dire che è la camera di chiamata. Non sarebbe giusto affermare che arrivi lì senza una strategia ben precisa, e sappiamo bene che i suoi successi – soprattutto i più recenti – si sono costruiti intorno ad uno schema gara rodato e aderente alla sua preparazione. Il culmine di questa tattica, ai Mondiali di Gwangju: 27”05 ai 50, 56”10 ai 100 ed un ultimo 50 da 28”90, semplicemente irresistibile, oro mondiale e personal best in costume di tessuto.

Credo però che nel raccoglimento pre gara, quando le atlete si guardano da sotto gli occhialini, ognuna intenta nel suo rito ma ognuna attenta alle altre, lei è capace di isolarsi dal mondo ed allo stesso tempo di far sentire la propria energia alle rivali. Un’aura di forza che la rende quasi intoccabile e che ha ereditato , potenziandola, dal suo idolo giovanile, la star tedesca degli anni ’90 Franziska van Almsick.

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Nell’interpretazione della gara, Federica Pellegrini ha avuto i suoi periodi, esattamente come gli artisti. All’inizio partiva forte, cercando di controllare la parte centrale e resisteva come poteva nel finale. Proveniva dalla velocità, quindi non aveva ancora sviluppato la caratteristica seconda parte di gara che ha poi fatto le sue più grandi fortune.

Durante il periodo di allenamento con Alberto Castagnetti, si è trasformata in una mezzofondista da 200 e 400 – ha nuotato spesso anche gli 800, perlomeno in Italia – e quindi ha intensificato la seconda parte di gara, in particolare il terzo 50 dei 200. Se arrivate a metà gara con Federica Pellegrini in linea, le altre non avevano chance di vittoria. Poi si è solidificata nella tattica che ha portato i trionfi recenti, con un terzo e quarto 50 superiori a tutte le altre. Poterla vedere all’opera per tutto questo tempo è stata una bella fortuna.

Il marmo e lo scultore.

La tela e il pittore.

La sabbia e l’artista da mare.

La vasca e Federica Pellegrini.

Ci sta, no?

Vabbè, buona estate 😉

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