Nonostante siano una delle gare più spettacolari e riconoscibili del nuoto in vasca, i 200 stile libero fanno parte in pianta stabile del programma olimpico soltanto dal 1968, l’anno di Città de Messico. In realtà la prima apparizione ufficiale fu alle Olimpiadi di Parigi 1900, quando 26 uomini, tra i quali anche il nostro Paolo Bussetti, si sfidarono nelle gelide – ma allora balneabili – acque della Senna.
A vincere fu l’unico australiano, il mitico Fred Lane, che si mise dietro niente di meno che la leggenda ungherese Zoltan Halmay, appena 45 minuti dopo aver vinto anche la gara di nuoto ad ostacoli. Il suo tempo, 2’25”2, rimase record Olimpico per 68 anni, fino a quando, dall’altra parte del mondo a Città del Messico, il suo connazionale Michael Wenden vinse in 1’55”2 raccogliendone idealmente l’eredità. Lane morì appena un anno dopo, lasciando l’Australia ancora in testa al medagliere di questa specialità Olimpica.
Le cose, nel frattempo, sono cambiate e gli Stati Uniti hanno preso il dominio anche di questa classifica, nella quale sono primi con due ori di vantaggio sull’Australia. Il pareggio tra i maschi – 3 ori a testa, ma USA con più argenti – non basta agli Aussie, perché tra le donne gli States comandano con 5 ori a 3. A Tokyo, hanno esordito nel medagliere ben tre nazioni: la Gran Bretagna, autrice della doppietta oro+argento tra i maschi, Hong Kong, con l’argento di Siobhan Haughey, e il Canada, con il bronzo di Penny Oleksiak.
I 200 stile sono la specialità nella quale l’Italia ha il miglior palmares Olimpico, composto da tre medaglie totali, una per colore. Il bronzo è di Massimiliano Rosolino, che a Sydney 2000 arrivò nella scia di van den Hoogenband e Thorpe (in molti dicono “primo tra gli umani”), mentre l’oro e l’argento sono di Federica Pellegrini (Pechino 2008 e Atene 2004), che ha in archivio anche altre tre finali, quarta a Rio 2016, quinta a Londra 2012 e settima a Tokyo 2020ne (oltre al record assoluto di cinque finali consecutive nella stessa specialità).
Mark Spitz, Michael Gross, Pieter Van den Hoogenband, Ian Thorpe, Michael Phelps: l’oro dei 200 stile alle Olimpiadi accomuna ognuno di questi grandissimi campioni che hanno lasciato un segno indelebile nella storia del nuoto, anche se nessuno di loro è riuscito a ripetersi. La lista dei campioni comprende anche star controverse come Yannick Agnel, incredibile a Londra 2012 e recentemente al centro di una vicenda poco gradevole, e Sun Yang, che a Rio 2016 vinse già nel pieno delle polemiche sul doping.
Per l’Italia, i 200 stile sono anche la gara del grande rimpianto di Giorgio Lamberti, recordman mondiale per undici lunghi anni con lo storico 1’46”69 nuotato a Bonn nel 1989, che in carriera, per motivi diversi, ha sempre mancato l’appuntamento a cinque cerchi della definitiva consacrazione.
Così come tra gli uomini, nemmeno tra le donne c’è stata una campionessa in grado di fregiarsi di due ori nei 200 stile. Ci è andata vicino Federica Pellegrini che nel 2004 fu beffata da Camelia Potec ma che nel 2008 fece innamorare l’Italia con il primo oro femminile azzurro nel nuoto.
In questa classifica c’è anche l’unica medaglia d’oro Olimpica del Costa Rica, quella vinta da Claudia Poll a Atlanta 1996, dopo che la sorella Silvia vinse l’argento – prima medaglia di sempre per la sua Nazione – sempre nei 200 stile a Seoul 1988. Dopo un digiuno che durava dal 1992, gli States si sono aggiudicati le vittorie a Londra con Allison Schmitt ed a Rio con Katie Ledecky, mentre a Tokyo l’oro è tornato in Australia grazie ad Ariarne Titmus.
La Curiosità
I 200 stile sono da sempre una distanza affascinante e ricca di spunti, spesso naturale punto di incontro tra campioni provenienti da distanze e specialità diverse. Il podio di Atene 2004, da questo puto di vista, è l’esempio perfetto: c’è il fenomeno del mezzofondo che ha deciso di puntare sui 200 (Thorpe), c’è il più grande interprete dell’accoppiata 100-200 della storia (VDH) e c’è il poliedrico mistista che si presta, con successo, alla specialità (Phelps). A Sydney 2000, Pieter van den Hoogenband aveva scioccato una nazione intera mettendo la mano davanti all’idolo di casa Ian Thorpe, super favorito della vigilia e già oro nei 400, togliendo all’Australia quello che, alla vigilia, sembrava essere un oro quasi scontato.
Quattro anni più tardi, un Thorpe diverso, più maturo e con un’altra guida tecnica, decide di abbandonare i 400 per dedicarsi completamente ai 200 e prendersi la rivincita sul rivale olandese. Sia l’australiano che van den Hoogenband, tuttavia, si devono difendere dagli attacchi di un giovane e arrembante Michael Phelps, pronto in ogni caso a raccoglierne l’eredità da lì a poco. Ne viene fuori una delle gare più belle di tutti i tempi, soprannominata da alcuni “la gara del secolo” (il nostro racconto parte I e parte II), con Thorpe che riesce in una duplice impresa: vincere e immortalare nella stessa istantanea – tutti sorridenti e soddisfatti – tre dei più grandi campioni di sempre.
Parigi 2024
Se a Tokyo l’hype per i 200 stile era tendente verso il basso, in questi tre anni la distanza si è decisamente ravvivata, ripopolata di protagonisti, ed è quindi tornata al centro del discorso nel nuoto. Tra i maschi, ad esempio, non avremo il campione in carica Tom Dean, che ai Trials britannici è arrivato terzo qualificandosi quindi solo per la staffetta. Ci saranno però Matthew Richard e Duncan Scott, l’elemento emergente dello stile inglese e il veterano argento a Tokyo, entrambi possibili contendenti a un titolo che non sembra avere un padrone sicuro in partenza. Nel ventaglio dei papabili ci sono anche Hwang Sunwoo, il mio personale preferito, David Popovici, che ai trials romeni ha dato segnali di importante ripresa, Pan Zhanle e Lukas Martens, in attesa di vedere chi si qualificherà in Australia (Max Giuliani) e negli States. Per l’Italia, che in questa gara vanta una discreta tradizione, non ci sono al momento atleti da finale, ma all’orizzonte c’è una buona densità, con Alessandro Ragaini capofila della nuova generazione.
Tra le donne, invece, ci sono meno dubbi sulla favorita. Mollie O’Callaghan ha ampiamente dimostrato di essere la migliore specialista al momento, non solo per il record del mondo strappato a Federica Pellegrini ma soprattutto per lo standard sempre elevato di prestazioni e per lo svolgimento delle sue gare, con la quarta vasca più potente che si sia vista nella storia recente. L’unico problema potrebbe venire dal suo programma gare, che tra 100, 200 e staffette si preannuncia molto ricco, ma lo stesso si può dire della sua rivale più pericolosa, Ariarne Titmus, che oltre ai 200 nuota – con buone probabilità di vittoria – anche i 400 e gli 800. In quella che potrebbe essere una delle finali con più star power di tutti i Giochi, impossibile non contare Siobhan Haughey, atleta dagli standard sempre elevati, il mito Katie Ledecky e Summer McIntosh, che rappresenta la mina vagante: il suo programma gare è impegnativo come pochi altri, ma vederla gareggiare in questa finale e con queste rivali potrebbe rappresentare uno stimolo non da poco. Anche per noi semplici spettatori.
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Foto: Fabio Cetti | Corsia4