Perché in Italia non prende piede una attività nobile e divertente?
Avete mai visto una gara di salvamento oceanico? Niente tempi, niente primati: si lotta testa a testa, come nell’atletica. Conta la tattica, l’esperienza, conoscere le condizioni del mare e della spiaggia.
Le gare per chi non mastica di salvamento si svolgono o a nuoto, o su tavole simili a quelle da surf o su canoe aperte. La partenza e l’arrivo sono dalla spiaggia o dalla battigia dopo aver percorso tre lati delimitati da boe, di cui uno parallelo al litorale.
Ci sono poi le gare di sprint (l’unica specialità in corsia, 90 metri in linea retta), e di bandierine.
BANDIERINE – Australian Championships 2008
In Australia la gara di bandierine è un evento che si svolge negli stadi da beach volley davanti a centinaia di persone se non di più.
Le gare di Oceanman, dove si utilizzano in sequenza tutti gli attrezzi, sono trasmesse in TV e sponsorizzate. I club hanno decine di tavole a disposizione, e ovviamente i professionisti la loro tavola e canoa personale.
Video Oceanman – Francia
In Europa il salvamento oceanico ha preso piede soprattutto nelle nazioni del nord: Francia, Gran Bretagna, Irlanda sono le nazioni guida. In seconda battuta ma non meno impegnate ci sono anche Spagna, Danimarca, Belgio, Olanda.
Questo perché se guardate nei siti delle Federazioni estere, la sezione del salvamento sportivo è solo una piccola parte delle attività, che riguardano soprattutto la salvaguardia dei bagnanti.
E dove sono i bagnanti se non al mare?
Ecco quindi la logica conseguenza di competizioni oceaniche, anche con gommoni, barche a remi e il famoso SERC (Simulated Emergency Response Competition), la “vera” competizione di salvamento per alcuni paesi.
VIDEO della SERC ai mondiali 2012
E l’Italia? Riguardo la disciplina della salvaguardia, la Società nazionale di salvamento, forse meno conosciuta, e la FIN gestiscono i corsi per diventare assistente bagnanti e le varie iniziative connesse: ma solo la Federnuoto gestisce le attivitá agonistiche, che sono quindi una branca delle discipline acquatiche.
Nelle competizioni, l’Italia del salvamento oceanico è ben poca cosa. I motivi sono molti, primo fra tutti la mancanza di una tradizione.
Andrea Longobardo, che tutti gli appassionati di salvamento conoscono, così risponde da me interpellato in merito alla storia del salvamento:
Fino agli anni Novanta le federazioni internazionali di Salvamento erano due: la FIS, dove l’Italia era iscritta, che organizzava i mondiali con sole gare in piscine (e dove l’Italia spesso faceva da padrone), e la WLS, che abbracciava l’Oceania, l’America, il Sudafrica e la Gran Bretagna, che era prevalentemente oceanica.
Quando il salvamento in vasca si è incontrato con il salvamento oceanico, più di venti anni fa, la fusione dei due eventi fu la conseguenza della mediazione che generò la ILS e la fusione dei due mondiali in uno solo, il Rescue (da quest’anno di nuovo Campionato del mondo).
In realtà per un breve periodo di transizione (inizi anni Novanta) si sono sovrapposti i Mondiali FIS (con le sole gare in piscina) e i mondiali della neonata ILS, ovvero i Rescue. Questi ultimi avevano una formula ancora lontana da quella attuale. In piscina vi erano solo due gare individuali, Ostacoli e Pinne, e due staffette, la Torpedo, ovvero l’attuale Mista, aperta solo agli uomini e la Ostacoli, aperta solo alle donne. Il resto era tutto a mare: Frangente, Corsa-Nuoto-Corsa, Tavola, Canoa, Oceanman, Sprint, Bandierine, 2km Corsa su Spiaggia. È ovvio che con queste formule, l’Italia continuava a puntare sui mondiali FIS e portando spesso ai Rescue delle Nazionali B. Unica nota positiva fu che in questo periodo l’Italia prese le sue uniche medaglie oceaniche ai Mondiali della sua storia: fu grazie ad Anna Ballara, una italo-neozelandese, che, esclusa dalla Nazionale della Nuova Zelanda, partecipò con la Nazionale azzurra salendo sul podio sia a Tavola che a Canoa.
Anche dopo l’istituzione del Rescue così come lo conosciamo oggi (a partire dal 2000) da noi la parte fuori vasca è sempre stata trascurata generando un gap che le nazioni australi hanno colmato in parte nelle gare in piscina, così da avere nella combinazione dei due eventi un vantaggio incolmabile. Ora anche diverse nazioni europee si sono avvicinate, forti della regola dei due atleti gara invece di tre.
Il nocciolo della questione per me sta a monte. La totalità della squadre provengono dall’attività natatoria e pochissime fanno esclusivamente nuoto per salvamento, per vari motivi. Principalmente perché tutto nasce dalla scuola nuoto e tale scuola si basa, per suo stesso principio, sul nuoto puro. Inoltre la mancanza di un numero sufficiente di competizioni non garantisce la possibilità agli atleti di competere in maniera assidua.
Questo porta spesso a far sì che il salvamento sia sempre stato visto come il fratello brutto e fastidioso del nuoto puro, quello oceanico è un’appendice quasi ulcerosa che pochi vogliono, possono o cercano di praticare in maniera costante.
Questo è dovuto a costi, spazi, tempo: tutti motivi validi. Ma soprattutto perché i bambini e i genitori non lo conoscono e quindi non lo amano. Provate a proporre di fare salvamento a una società, agli atleti, ai loro genitori e agli allenatori: storceranno il naso in moltissimi. Pensiamo altresì di dire che vogliamo portarli al lago, al mare a fare corse sulla sabbia, trascinare una tavoletta o nuotare in mare? Cose da pazzi.
La FIN stessa non vuole fare gare in mare su tavola per gli Esordienti: si limita al frangente, a sprint e bandierine, una volta l’anno. Se giustificabile è l’idea che ogni società se non ogni atleta dovrebbero avere le proprie tavole e canoe, spiace dire che se non si fanno gare chi si doterebbe di un attrezzo che non viene mai usato?
Il cane si morde la coda, la Federazione non cerca spunti nuovi e le società stesse non hanno interesse a proporsi.
Ecco cosa succede in paesi come la Francia: bambini che fanno percorsi ridottissimi sotto la supervisione degli adulti (notare a un certo punto il cartello: attenzione, correnti pericolose).
Certo non è tutto oro quello che luccica, peró le foto di questa squadra sono eloquenti: Sidmouth surf lifesaving club
In Piemonte hanno adottato il circuito Oceankids, sono due gare all’anno per Esordienti su bandierine e frangente. Siamo ancora agli inizi, ma si muove qualcosa.
(Foto copertina: Giorgiana Emili)