Ogni volta la stessa domanda, ogni volta una diversa risposta, un nuovo tassello del puzzle.
Cosa mi entusiasma del nuoto master? Dove trovo la spinta a continuare a praticare il medesimo sport e a cimentarmi nella competizione?
di Elena Rigon
Nel caso della manifestazione di casa la risposta appare ovvia, quasi scontata: l’evento si svolge a pochi chilometri da dove abito, è un’occasione di incontro con tante persone senza nemmeno scomodarsi a fare strada.
Ma non si tratta di ciò, o almeno non è la spiegazione che ho formulato in questo caso.
Il trofeo master Nuoto Vicenza ha compiuto 10 anni, è come se avesse ormai conseguito la licenza elementare.
Mi sembra ieri che la gara di novembre (la squadra partecipa di norma ad una gara ogni mese) veniva scelta tra Bologna e Vimercate, nell’indecisione se affrontare la nebbia verso ovest o leggermente più a sud.
La prima edizione del trofeo era surreale: inverosimile rivedere tutti quei volti nella propria città, e contestualmente disputare la gara in una vasca scorrevolissima.
L’organizzazione è partita con alti standard ed ha progredito verso la perfezione: tabelle di marcia rispettate al minuto consentono a chi come me abita nei pressi di gestirsi le iscrizioni e conciliarle con altri impegni.
Gli anni passano, le prestazioni non sono più quelle delle prime edizioni; ma su un migliaio di gare disputate provate a chiedere ai concorrenti se sono soddisfatti del risultato: risponderà SI la minima parte. Eppure continuano ad essere in tanti gli iscritti, sempre più numerosi, sempre più frequenti le liste di attesa per partecipare.
Tra quei disillusi recidivi… io.
Perché?
La risposta questa volta mi è arrivata su due fronti.
Per una delle gare in programma sono ricaduta nell’ultima batteria, la più veloce, cosa che un tempo davo per scontata, ora non avviene sistematicamente.
Mi sono ritrovata in compagnia di ragazze che potevano essere, anagraficamente e senza troppa fantasia, quasi tutte mie figlie.
Una di queste in particolare celebrava il momento come se fosse in gita scolastica, con cori di incitamento alla compagna di squadra che partiva al suo fianco.
Per una volta io non ero l’accompagnatrice: in gita e con lo stesso entusiasmo ci ero anche io, anche se lo davo a vedere in maniera meno eclatante.
La seconda spiegazione, quella più illuminante, me l’ha data la fotografia.
Il giorno seguente all’evento le foto scattate durante la manifestazione sono state pubblicate sul web: foto di amicizia in primo luogo, e di concentrazione, di sforzi, di risultati e di premiazioni.
E poi un primo piano mio, mentre guardavo (lo so io, nella foto non si vede) il cronometro.
Non è il primo piano del mio viso ad avere nulla di particolare, solo essendo il mio l’ho osservato abbastanza approfonditamente da rilevare un dettaglio.
Lo stesso dettaglio che, con un po’ di attenzione, emerge da tutte le foto simili a questa.
Sono vanesia, passerei ore davanti allo specchio a farmi le boccacce, ma in questo scatto rimiro non tanto il volto, quanto il rapimento.
Mentre guardo il tabellone emerge che l’unico pensiero in quell’istante è la ricerca del riscontro, la domanda che tutti si pongono appena toccata la piastra: quanto ho fatto?
È un dialogo con un’entità astratta: è lo sguardo di un bambino che osserva un prestigiatore mentre fa le sue magie.
È lo stupore e la meraviglia di chi guarda un dispositivo elettronico ma in realtà sta attendendo l’oracolo.
Non importa se la risposta è quella che si vorrebbe, ciò che conta è che in quel momento siamo esattamente dei bambini in balia del mistero; non fa differenza se babbo natale ci porterà i doni o la befana il carbone: il vero regalo è riuscire per mezza giornata a dimenticare la spesa, l’appello all’università, il traffico del rientro, la multa da pagare, le bollette, il rincaro della benzina, le paturnie della suocera e mettersi ad osservare una sequenza di led, agognando una soddisfazione.
È questo il dono più grande che una passione sportiva ci consegna; per un attimo ritorniamo ancora più indietro che alla gita scolastica: per qualche istante regrediamo alla pura fanciullezza, e il cronometro è la finestra che ci permette di affacciarci su quell’epoca.
(Foto: 10° Trofeo Master Nuoto Vicenza | Facebook)