Un’esperienza fantastica. Questo è stato per me Rio 2016!
Ho fatto richiesta per partecipare alle Olimpiadi di Rio de Janeiro come volontaria circa due anni fa inviando la richiesta online al Comitato Olimpico. Dopo circa 8 mesi, ho fatto una intervista online, alla quale presero parte anche altri tre volontari di altre parti del mondo. Quella è stata la vera selezione.
Dopo qualche mese avrebbero comunicato chi sarebbe stato selezionato per prendere parte ai giochi: i posti erano dai 50.000 ai 70.000. Non avrei mai pensato che tra le migliaia e migliaia di richieste mi avrebbero scelto e invece dopo più di un anno arriva una bellissima mail che mi comunicava di far parte del team di Rio2016, i primi giochi olimpici del Sudamerica!
Trascorsero ancora alcuni mesi prima di sapere quale sarebbe stato il mio compito a Rio. Alcuni volontari ricevettero la comunicazione 3 o 4 mesi prima di altri se non ancora prima, altri hanno dovuto aspettare fino all’ultimo. Per questi motivi molte persone hanno rinunciato ad andare a Rio. Circa due mesi prima dell’inizio dei giochi ho ricevuto la mail con la posizione assegnata: assistente di competizione, triathlon. Prenotai quindi il volo aereo e la sistemazione per quindici giorni a Rio.
Spese a carico nostro, dei volontari quindi. Le uniche cose offerte sono state la divisa e un pasto durante i turni di lavoro cosa che anche se minima è stata molto apprezzata da parte di Rio che nella sua difficoltà comunque di organizzare i Giochi è riuscita ad offrire.
Tornando al mio percorso, qualche giorno prima di partire ho avuto dei problemi con l’accredito e con i turni di lavoro che non mi sono mai arrivati.
Giunta a Rio vado a fare l’accredito spiegando il problema (non parlo portoghese, ma solo inglese) e dopo 3 ore di attesa trovo un ragazzo molto disponibile che mi spiega che non vi era più posto nel triathlon, ma avrebbe potuto controllare nel nuoto!
Ed ecco che il mio nuovo ruolo: assistente di competizione nel nuoto presso lo stadio olimpico a Barra da Tijuca.
Avevo prenotato la sistemazione a Copacabana perché il triathlon si sarebbe svolto lì e invece ci avrei messo due ore da Copacabana a Barra da Tijuca solo andata.
Ma non c’erano più problemi, mi avevano spostato nell’unico posto dove realmente volevo stare e le distanze in Brasile tanto si trovano ovunque!
Una cosa positiva di questa esperienza è stato incontrare belle persone, italiane e non, e con alcune di loro si sono creati dei veri e propri legami di amicizia che spesso è difficile far nascere con persone che si conoscono da molto più tempo o con cui, comunque, si trascorrono mediamente più di 15 giorni insieme!
Nonostante si percepisse non un’ottima organizzazione dei Giochi già dall’inizio, anche se non ho partecipato ad altri eventi olimpici, secondo me a Rio c’era qualcosa di più, c’era la voglia di fare e creare qualcosa di meraviglioso da parte di tutti. L’atmosfera nella cidade maravilhosa era speciale.
Sicuramente tutti noi eravamo preoccupati per la sicurezza della quale si è tanto parlato e in effetti il primo giorno non si girava nemmeno con il telefono se non con quello ‘vecchio riesumato per i Giochi‘.
Arrivati a Rio invece la sensazione è stata molto diversa da quella di una città in completo pericolo. Sicuramente è una città dove non sai cosa ti aspetta dietro l’angolo e ancora di più bisogna fare molta attenzione, quella che però si ha sempre durante un viaggio. Con le Olimpiadi le città erano molto più sicure o forse c’è stata una sorta di tregua, non so, ma l’atmosfera era molto tranquilla.
Uno degli ultimi miei giorni a Rio siamo andati a visitare una favela da soli, senza ‘guida’. Le guide secondo me non servono molto lì, devi solo essere fortunato di non trovarti nel posto sbagliato al momento sbagliato. La nostra visita in questa favela, Vidigal, è stata molto tranquilla, nessuno ci ha disturbati e le persone erano persone normali che vivono la vita di tutti giorni.
Ci ho pensato molto prima di andare a visitare questa favela proprio perché questa mia decisione di andare è stata anche messa in discussione da altre persone che la consideravano una spettacolarizzazione della povertà. Bene, non sono d’accordo con questo punto di vista perché le favelas sono, purtroppo, una caratteristica se così la vogliamo definire di Rio e se non ci fossi andata per vedere un pochino come vive la gente, invece che guardare solo le baracche dalla strada, mi sarebbe mancato qualcosa.
La mia giornata tipo da volontaria era sveglia alle 6, colazione e poi due metropolitane e un bus per arrivare a Barra da Tijuca, dopodiché circa 30 minuti a piedi per arrivare allo stadio olimpico del nuoto. Controlli per entrare nel parco olimpico e check-in allo stadio del nuoto.
Il mio compito il primo giorno è stato quello di mettere acqua e integratori nei contenitori a bordo vasca a per gli atleti, controllare che ci fossero gli asciugamani e poche altre cose. Dal secondo giorno oltre a quelle mansioni dovevo controllare la zona mista, il bordo vasca, la camera di chiamata e tutto il resto, ma sempre sotto l’attenta supervisione di Moacyr, uno dei coordinatori dello stadio del Nuoto. Ero il suo braccio destro.
In alcune situazioni ho avuto come l’impressione che i volontari sul campo fossero troppi, altre volte invece che fossimo in pochi. Se tanti avevano davvero voglia di fare ed erano competenti, purtroppo altri entravano giusto per vedersi un paio di gare, forse perché non erano stati assegnati alla sede di competizione che più gli interessava o chissà.
Se è stato tutto bello una nota negativa per me c’è stata: anche se volontari e non staff pagato le potenzialità di tutti noi potevano essere messe molto più in risalto ad esempio guardando l’area di interesse e le competenze. Non eravamo lì per caso o in surplus: ricordiamoci che senza i volontari questi grandi eventi non possono aver luogo.
Tornando alla mia esperienza: ho visto quasi tutte le finali del nuoto e anche qualche batteria al mattino (anzi del primo pomeriggio!). Ed è stato fantastico.
Ero sempre a bordo vasca, anche durante le gare. Mi assentavo solo quando il coordinatore aveva bisogno di me o quando facevo il giro dell’impianto per vedere che tutto fosse a posto.
Avevo inoltre accesso alla vasca di riscaldamento: l‘Italia sul tavolino aveva la macchinetta del caffè, mentre l’unico ente televisivo con tanto di telecamere piazzate era riservato agli USA.
Vedere i 400 stile di Detti e la finale dei 1500 stile con oro Paltrinieri e bronzo Detti a bordo vasca vestendo i colori di Rio è stato qualcosa che a parole non si può spiegare. Sentire l’inno italiano nello stadio olimpico del nuoto ancora di più. E questo ovviamente avendo il cuore tricolore.
Vedere i tecnici e i dirigenti del team Italia abbracciarsi nella zona riservata loro per una vittoria: bello da tifoso e ancora più bello da tifoso-tecnico perché capisci non solo quello che tutti vedono ma anche quello che gli altri non vedono perché in un’altra realtà, quella non dei giochi olimpici, la vivi tutti i giorni.
E poi la squadra di nuoto dell’Italia sugli spalti a tifare uno di loro, uno di noi, è stato stupendo!
Lo stadio rischiava di cadere tutte le volte che entrava un altro mio mito, IL mito: Michael Phelps. E quando ha vinto l’oro nei 200 delfino… Beh quella è stata una delle gare più belle. Questo solo per citarne alcuni cui potremmo aggiungere con finali spettacolari nomi del calibro di Katinka Hosszú, Adam Peaty e Katie Ledecky.
Sensazionale sarà anche poter raccontare ai miei futuri atleti di essere nello stesso luogo in cui per la prima volta nella storia a vincere l’oro nel nuoto è stata una donna di colore, Simone Manuel, con un grande 52”7 nei 100 stile e ancora un podio in cui tre grandissimi nuotatori salivano insieme sul secondo gradino del podio per l’argento nei 100 delfino: Phelps, Le Clos e Cseh dietro a Shooling! Insomma le emozioni a Rio ci sono state eccome!
I turni di lavoro duravano 8 ore e potevano avere inizio a qualsiasi ora del giorno o della notte: una Olimpiade non si ferma mai! Finito di lavorare o prima di andare si usciva con gli altri ragazzi. Solitamente chi non aveva il turno dal mattino si organizzava per visitare la città mentre la sera andavamo a cenare e poi si faceva un po’ di festa. Purtroppo la sera non è mai stato facile girare soprattutto nelle vie interne: anche a Copacabana o a Ipanema che sono le zone più tranquille e durante i Giochi sono state le più sorvegliate la polizia andava via troppo presto e le strade si svuotavano e per fare anche solo pochi metri era preferibile prendere il taxi. Uno dei quartieri dove la gente si diverte a Rio è Lapa: la quantità di persone era impressionante!
Rio offre la possibilità di visitare posti stupendi e affascinanti che ho avuto la fortuna di vedere come ad esempio il Corcovado, sulla cui cima è posto il Cristo Redentore che abbraccia davvero tutta la città di Rio ed è gigantesco e dalla quale si vede tutta la città. Ancora il Pão de Açúcar conosciuto in Italia come Pan di Zucchero che si può raggiungere solo con due teleferiche o ancora la Escalada Selaron, i quartieri di Santa Teresa e Lapa tra i tanti, le spiagge e i lungomare di Copacabana, Ipanema e Leblon!
E inoltre, date le Olimpiadi, obiettivo dei volontari italiani è stato da subito quello di entrare a Casa Italia. All’inizio ci è stato detto che serviva un invito particolare o un pass speciale e che sarebbe stato molto difficile entrare. Uno dei volontari, Luigi, ha mandato quindi una mail al CONI con tutti i nostri nomi per poter avere l’accesso e grazie a lui siamo riusciti una sera ad entrare.
Non nego che sarebbe stato carino ricevere una comunicazione di invito da parte di Casa Italia riservato a noi volontari Italiani, circa un centinaio di persone, per entrare in quella che noi abbiamo sempre definito la Nostra Casa…
Detto ciò Casa Italia è bellissima, arroccata su un isolotto, elegante così come riesce ad essere solo l’Italia, personale gentile e la sera si colorava con i nostri colori e si potevano incontrare tutti gli atleti!
Per concludere posso dire che oltre ad essere stata un’esperienza molto bella e un momento di crescita sia come persona sia come tecnico mi ha dato ancora di più la voglia di sperare che qualcosa nel nuoto italiano cambi, che gli atleti e i tecnici vengano ispirati ogni tanto da qualcosa di nuovo perché da soli non possiamo fare tutto. Mi ha dato ancora di più la voglia di credere nel nuoto.
Ringrazio tutte le persone fantastiche che ho avuto modo di conoscere a Rio, sia quelle con cui ho avuto modo di trascorrere più tempo sia quelle che non sono riuscita a conoscere bene.
Ringrazio i miei amici che mi hanno sempre incoraggiata e anche invidiata, anche se questa esperienza avrebbe potuto farla chiunque. Ringrazio la mia società attuale, A.S.D. Polisportiva UISP River Borgaro, per avermi fatto da sempre crescere in questo mondo e anche la società in cui di più ho vissuto da atleta, il Centro Nuoto Nichelino.
Se non avessi continuato a vivere e a convivere con il cloro in tutti questi anni molto probabilmente non sarei mai andata a Rio 2016… ultimo ma non ultimo ringrazio i miei genitori e la mia famiglia che mi hanno aiutato nel fare tutto ciò.
Infine ringrazio la città di RIO DE JANEIRO per essere così come è!
#obrigada
Sara Sgruletti
23 anni – Torino
Allenatore federale di nuoto presso A.S.D. Polisportiva UISP River Borgaro.
Coordinatore scuola nuoto presso la stessa società.
Maestro di Salvamento.
Laureanda in giurisprudenza.
(Foto e testo: Sara Sgruletti per Corsia4)