Bentornati su Fatti di nuoto weekly, la newsletter sul nuoto e dintorni che esce il mercoledì, giorno di coppa.

Oggi parliamo di nuoto attraverso la notizia della settimana, la news che ha spazzato via in poche ore il coronavirus e la pandemia: la Super League.

Le mie timeline degli ultimi giorni sono letteralmente invase dalla Super League – tra articoli di commento, editoriali a favore e opinioni al vetriolo – e nonostante io non segua il calcio così assiduamente devo dire che sono riuscito comunque a farmi un’opinione generale, per osmosi diciamo.

Con nemmeno troppo stupore, ho notato che si sono sprecati i paragoni con altre leghe, NBA e NFL su tutte, buttati là senza molta cognizione di causa, ed è stato automatico tirare in ballo anche l’unica realtà natatoria che può lontanamente far pensare alla Super League: la International Swimming League.

Oggi voglio sgombrare il campo dei dubbi e rispondere che, NO, la ISL non è né la Champions del nuoto (come qualcuno si ostina a chiamarla) né tantomeno la Super League. I motivi sono vari, provo a metterne giù alcuni.

NASCITA

La prima grande differenza sta nel processo di nascita delle due leghe. Ad una prima lettura, in entrambi i casi può sembrare un atto di ribellione verso le istituzioni (FINA per il nuoto, FIFA e UEFA per il calcio) che avrebbero la colpa di trattenere una percentuale di guadagno che, da un lato ai nuotatori e dall’altro ai grandi club, non sta bene.

I nuotatori si sono espressi da tempo contro un sistema che per loro è poco premiante, cercando di far sentire la loro voce in un ambiente che ha delle fondamenta, storiche, sociali e culturali, dilettantistiche. La ISL nasce però per spinta unica di un privato, il quale per ora (da quel poco che è trapelato) non ha guadagnato un centesimo dal suo prodotto e senza il quale sforzo economico il prodotto stesso non esisterebbe più.

La Super Lega nasce in un mondo diametralmente opposto, nel quale i proprietari dei club fondatori scelgono di staccarsi da un’organizzazione che già esiste e produce profitti, non abbastanza però per stare dietro ai costi delle squadre.

Sembra infatti che tra le motivazioni che hanno scatenato la mossa delle 12 fondatrici ci sia anche l’estremo indebitamento delle stesse, le quali (in modi ed accezioni diverse) presentano ingenti perdite di bilancio e sono costrette al rifinanziamento. I soldi, quindi, come fil rouge della spinta imprenditoriale ma in modi, tempi e risultati per nulla somiglianti.

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IDEE

Fondando la ISL, Kostantin Grigorishin ha messo in pratica una serie di idee interessanti ed innovative nel tentativo di colmare un buco che nel nuoto esiste da sempre, quello della creazione di un circuito professionistico. Non è detto che ci stia riuscendo, anzi è opinione di molti che faticherà ad andare avanti senza la stipulazione di contratti televisivi corposi, sponsorizzazioni ed entrate di qualsiasi tipo.

La Super Lega, invece, non sta creando nulla di sostanzialmente nuovo, ma sta al contrario togliendo qualcosa allo sport (meno inclusività, meno possibilità di emergere per i più “deboli”) per dare qualcosa al portafoglio, mascherando l’azione con la scusa dello spettacolo.

ATLETI

Il circuito ISL è per ora sperimentale e chiaramente non a lungo sostenibile a queste condizioni, mentre il problema della sostenibilità economica nel mondo calcio è emerso in modo prepotente negli ultimi anni e si è intensificato nella pandemia, trovando per ora solo la soluzione dell’aumento dei prezzi (pay-tv, biglietti, merchandising) come risposta all’aumento dei costi, soprattutto quelli relativi ai calciatori.

Discorso diverso, invece, per i nuotatori, che stanno sperimentando l’anticamera del professionismo, ma che rimangono nella maggioranza dei casi dei dilettanti di lusso. Nonostante ciò, finora i calciatori che si sono espressi sono quasi tutti contro la Super League mentre i nuotatori sono per la maggior parte a favore della ISL.

COSA CI DICE IL CASO SUPER LEAGUE?

A guardarlo oggi, dopo che in nemmeno 48 ore il primo tentativo di nascita del progetto si è sfaldato con l’abbandono delle 6 squadre inglesi, il caso Super League ci dice almeno due cose, ed entrambe sono in qualche modo collegabili alla ISL.

La prima è che il discorso economico ha molta più importanza di quanto non abbia il lato umano. Se ci illudessimo che la Super League si è momentaneamente arenata solo per l’intervento delle tifoserie o dei social, faremmo un errore. Piuttosto, questa sorta di sommossa popolare può aver spaventato qualcuno sul breve termine spingendolo a fare qualche passo indietro, ma la strada è solcata e il discorso è probabilmente solo rimandato.

La seconda è che, senza un chiaro e convincente progetto anche comunicativo, si rischia di fare sempre un buco nell’acqua. L’annuncio della Super League è parso da subito improvvisato e frettoloso, in fase totalmente embrionale. Attenzione, potrebbe trattarsi anche di una precisa scelta (buttare il sasso e vedere che effetto fa) e solo il tempo ci dirà se ha avuto successo.

La ISL queste due problematiche le ha aggirate. Ha fin da subito avuto un progetto chiaro e strutturato, riconoscibile, facilitato dal fatto di inserirsi in un ambito senza reali concorrenze, ed ha anteposto il lato economico a quello emozionale, scegliendo un format dai ritmi televisivi con la chiara idea di venderli ai broadcaster. Quello che, ad esempio, non ha fatto la FINA nell’organizzare World Cup e Champions Series, manifestazioni ibride, che cercano di mantenere la tradizione delle gare di nuoto ma senza un reale contesto competitivo (quello che invece c’è ai Mondiali).

LA SUPER LEAGUE È MORTA, VIVA LA SUPER LEAGUE

Che sia solo questione di tempo è opinione diffusa, ed è verosimile ed auspicabile che i club trovino prima o poi una soluzione che li metterà d’accordo, soprattutto dopo essersi così esposti pubblicamente.

Ed ecco qui l’altra differenza con la ISL: se il progetto attuale dovesse arenarsi e fallire, ho molti dubbi che qualcun altro in futuro si imbarchi in un’impresa simile.Con buona pace dei fan, in entrambi i casi.

See you later! (ah, -93 a Tokyo)

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Foto: Fabio Cetti | Corsia4