Ci sono molti modi per provare a dedicarsi alla carriera da atleta e, contemporaneamente, portare avanti gli studi cercando di ottenere risultati in entrambi i percorsi. Uno di questi è scegliere un’esperienza affascinante e stimolante come quella del College americano, una strada che diversi atleti italiani hanno provato con soddisfazione negli ultimi anni.

Ne abbiamo parlato con Tania Quaglieri , protagonista della nostra Nazionale giovanile che da due anni studia alla Florida State e nuota nel team della scuola, i Seminoles, dove ha ottenuto diversi importanti risultati.

Come prima cosa ti chiederei di spiegarci brevemente come funziona il circuito collegiale americano, che è una realtà in Italia poco conosciuta.

È un po’ complesso spiegare tutto quanto, cercherò di fare del mio meglio! Tutti i College vengono suddivisi in Division – 1,2,3, in scala da più veloce a meno – ma ognuno sceglie ciò che è nelle proprie corde. Ogni team o scuola della stessa Division viene a sua volta segmentato in Conference. Quella a cui partecipo con la mia squadra si chiama ACC (Atlantic Coast Conference), ed è una delle più competitive, probabilmente la più veloce: avevamo tra le università concorrenti Virginia, che ha poi vinto gli NCAA, ma anche NC State, Louisville e molte altre.

Nella prima parte dell’anno, il semestre autunnale, si fanno solo gare chiamate dual meet, ovvero un team di una scuola contro un’altra, e si gareggia in costume da allenamento. Generalmente sono squadre della stessa conference a sfidarsi, ma può capitare di sfidarsi con qualche team anche da fuori. Nel secondo semestre, quello primaverile, ci sono i Conference, nel mio caso gli ACC, in cui ogni scuola seleziona 18 ragazze e 18 ragazzi (recentemente anche trasgender) e si compete tutti assieme nella designata piscina per quel determinato anno.

Per gli NCAA (National Collegiate Athletic Association) è una storia differente: esiste un tempo limite “A” che se ottenuto significa qualificazione automatica. Se si fa il tempo limite “B” bisogna cercare di essere tra i primi 30/40 in tutti gli Stati Uniti (compresi quelli che hanno fatto il tempo “A”) per poter ottenere un invito. Se si viene invitati, si possono nuotare tutte le gare nelle quali si è ottenuto un tempo “B”. Se invece solo una staffetta si qualifica, non si possono nuotare le gare singole con tempo “B” delle persone che compongono la staffetta.

Come descriveresti l’atmosfera che si vive ad una finale NCAA?

Sfortunatamente, non ho mai vissuto in prima persona una finale NCAA finora, tuttavia l’ho vista in prima fila e ti posso raccontare tutto perché mi piace osservare e apprendere da chi più bravo di me fin da quando ero piccola.

Analizzo ogni dettaglio, da come si preparano prima di entrare in acqua, alla partenza e alla relativa reazione, all’uscita dalla subacquea, finendo con tecnica di nuotata e arrivo, senza dimenticare passaggi e tempo finale.

Onestamente, è una figata, mi piace sorprendermi ogni giorno di più e ogni a gara apprendere qualcosa in più dalle avversarie. Uno dei grandi sogni per la mia esperienza al College è poter nuotare una finale con le migliori del paese: vedremo quanta determinazione avrò l’anno prossimo nel riuscirci o no.

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Come valuti in generale la tua esperienza al College?

Quella del College è un’esperienza molto soggettiva, ho conosciuto molte persone che si sono trovate bene e altre, al contrario, che l’hanno vissuta negativamente. Parlando del mio caso, valuto la mia esperienza molto formativa, con i normali alti e bassi che qualsiasi percorso può avere.

L’anno scorso mi ero concentrata molto sul nuoto e infatti i risultati parlavano per me, mentre quest’anno ho dovuto dare precedenza alla scuola considerando che l’anno prossimo (in teoria) mi laureerò. Mi sono concentrata di più sulle staffette che sul singolo, perché avevamo l’obiettivo di battere due record della scuola agli NCAA e non potevo deludere le mie compagne. Ce l’abbiamo fatta e ora sono a quota quattro record della scuola, non potrei essere più felice.

In base alla tua esperienza, quale credi che sia la principale differenza tra il nuoto in USA e quello in Italia?

La differenza è tanta. Qui si allenano principalmente le abilità, ed è una metodologia facilitata ovviamente dalla lunghezza della vasca: su 25 yard totali di vasca, 15 sono di subacquea, poi fai quattro bracciate e ripeti. Per andare forte devi essere veloce in virata, efficiente in subacquea e se ti muoiono le gambe la gara è persa. Anche in vasca lunga sono importanti le gambe, ma non quanto qui, almeno per le mie gare. Tecnicamente, è qualcosa di molto diverso dal “nuoto” concepito in maniera classica, perché la parte nuotata è relativamente breve ed è questo forse l’unico aspetto per il quale preferisco l’Italia.

Sempre secondo la tua esperienza personale, cosa c’è di diverso nella visione dell’atletastudente tra questi due mondi?

La principale differenza è la figura della atleta in sé. Qui vengo valorizza come atleta, non mi sento in difetto come invece mi è successo in Italia. Rivolgersi ai professori come studentessa-atleta ti mette su un gradino superiore, ma non fraintendermi: di favoritismi non ne ho mai visti e non ne esistono, intendo come comprensione dell’atleta stesso.

Mi sto iniziando ad interessare al mondo del lavoro visto che non manca tanto e vorrei essere preparata per quando sarà il momento. Negli Stati Uniti uscire dal College e presentarsi ad un colloquio portando l’esperienza da atleta di Division 1 per tutta la durata del College è qualcosa che ti valorizza molto. Sei uno step avanti rispetto ad un semplice studente, perché ti riconoscono come una figura con carattere, che sa cosa vuole dire lottare per portare a termine un obiettivo. L’esperienza sportiva ti qualifica come persona che sa lavorare in gruppo ma anche da sola e soprattutto che ha la capacità di trovare una soluzione dopo aver sbagliato qualcosa.

Vi posso assicurare che tante aziende americane cercano queste caratteristiche, visto che non si può ancora parlare di esperienze lavorative appena usciti dal College. Infine, credo proprio che in Italia non sarei mai stata in grado di portare avanti università e nuoto contemporaneamente, o almeno, non senza andare fuori corso. L’America mi sta facendo apprezzare la scuola, l’educazione scolastica italiana mi ha invece spinta dall’altra parte dell’oceano a cercare di meglio.

Foto: Tania Quaglieri