Eccoci di nuovo insieme per esplorare al meglio l’argomento Apnea.

Accompagnati da Mike Maric e Valter Mazzei, che ci hanno già raccontato come è avvenuto il loro incontro (leggi: Mike, Valter e la monopinna – gli esordi), andiamo a scoprire gli esordi del progetto SWIM LIKE A DOLPHIN®.

Mike

E’ il primo progetto internazionale dedicato al nuoto, al nuoto pinnato e all’apnea rivolto alle persone che vogliono migliorare la nuotata subacquea.

Questo progetto nasce con lo scopo di individuare le azioni fondamentali per migliorare il gesto tecnico della subacquea.

Da 11 anni ci occupiamo di migliorare il kick dolphin in ambito acquatico: dal nuoto pinnato, all’apnea al nuoto.
L’obiettivo del progetto è quello di introdurre il nuoto pinnato e l’apnea nei protocolli di allenamento di nuotatori sia di alto livello sia dilettanti.

Con questo progetto ci vogliamo prendere cura della nuotata subacquea, della respirazione, dell’apnea.

 

Le cognizioni che abbiamo acquisito e sviluppato ci hanno portato a scrivere un libro: Impariamo la monopinna – Analisi e gestione dell’attrezzo e del gesto tecnico e a intraprendere le collaborazioni con gli allenatori di nuoto, attraverso un approccio multilaterale e multidisciplinare, e quindi a lavorare con professionisti di alto livello (prima Andrey Govorov e adesso Federica Pellegrini e Filippo Magnini, NdR).

Inoltre abbiamo iniziato a fornire importanti consulenze a livello mondiale (ad esempio collaborando con l’Università del Canada a Montréal, siamo stati ad Abu Dhabi…) e a girare in tutta Europa per insegnare questa metodica di nuotata subacquea.

di Maric Mike, Mazzei Valter, Stefano Figini – Addictions-Magenes Editoriale – La collana Blu]

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Valter

Io provenivo da una scuola di nuoto classica, sia come atleta sia come tecnico, nella quale gli allenamenti di nuoto erano secondo me poco specializzati. Avevo dei contatti negli Stati Uniti e sapevo che lì stavano lavorando sulla nuotata subacquea nelle gare di nuoto.

Allora ho pensato di applicare la metodologia utilizzata in altri sport nell’ambito del nuoto agonistico. E da quel momento io e Mike abbiamo iniziato a collaborare: lui per la parte dell’apnea ed io per la parte del nuoto pinnato.

Abbiamo sviluppato una serie di esercizi che potessero andare bene nell’apnea, ma anche per le persone che desiderassero avvicinarsi all’uso della monopinna, pur restando nell’ambito del nuoto. A questo scopo, ad esempio, la Finis® di Pablo Morales (vedi foto copertina) ha progettato una monopinna per uso amatoriale e ha girato dei filmati sul suo utilizzo.

Il nostro primo passaggio è stato quello di creare una serie di esercizi da eseguire con le pinnette da snorkeling per poi riportarli nell’ambito dell’apnea. Nel giro di pochi anni, tutti gli apneisti hanno compreso il beneficio dell’utilizzo di una tecnica migliore: nuotare portando le braccia in avanti e non più con le braccia lungo i fianchi e pinneggiando nella maniera più rilassata possibile.

Il nostro passaggio successivo è stato quello di visionare tutti i filmati di Pablo Morales sull’utilizzo della monopinna. Inoltre abbiamo osservato Bob Gillet, allenatore di Misty Hyman, che è stato il primo ad introdurre nel nuoto agonistico la nuotata subacquea: il cosiddetto “quinto stile”.

Da queste esperienze abbiamo pensato di portare nel nuoto molti degli esercizi che già utilizzavamo nel nuoto pinnato, senza pensare subito al nuoto agonistico. Dopo aver sperimentato questi nuovi esercizi abbiamo osservato che producevano grandi benefici anche nel nuoto senza pinne.

Nel libro “Impariamo la monopinna“, io e Mike abbiamo unito la tecnica dell’utilizzo della monopinna con le conoscenze in ambito dei meccanismi respiratori (soprattutto apnea) per creare un protocollo di esercizi che abbiamo sperimentato su atleti di alto livello, sia apneisti sia del nuoto pinnato, fino ad arrivare al nuoto classico. I benefici sono stati visibilmente immediati, nonostante queste tecniche richiedano un certo tempo per essere apprese!

La sperimentazione in acqua è stata anche supportata da test di vario tipo, ad esempio con Stefano Nurra (che si occupa di biomeccanica ed ora coach in Turchia) e con Xmetrics.

Con Xmetrics abbiamo analizzato fondamentalmente i seguenti parametri: il numero di gambate e il mantenimento della velocità nella fase subacquea della nuotata.

Dopo aver studiato questi parametri abbiamo poi osservato che il nuotatore “classico” spesso nella gambata subacquea piega solo le ginocchia (e quindi esaurisce il movimento dopo solo due gambate) mentre il nuotatore di apnea riesce a far partire il movimento dal diaframma addominale e a farlo proseguire fino alla caviglia (e ai piedi) riuscendo a mantenere una velocità maggiore rispetto a quella della nuotata in superficie per molti più metri.

Per ottenere questi risultati esistono tutta una serie di esercizi che nell’ambito del nuoto “classico” sono considerati “inutili” perchè spesso si preferisce utilizzare il tempo a disposizione per fare “una serie in più”.
Secondo me invece è molto utile dedicare del tempo far sperimentare all’atleta la differenza che esiste tra la inspirazione clavicolare e quella diaframmatica, ad esempio dai filmati della finale dei 100 farfalla di Londra 2012 abbiamo osservato che 7 nuotatori su 8 non sanno inspirare con il diaframma ma hanno effettuato solo la inspirazione clavicolare!

Questa abilità di conoscere e saper usare la inspirazione diaframmatica richiede tempo per essere appresa e consolidata. Così come la capacità di eseguire correttamente una apnea. E sono appunto necessari tutta una serie di esercizi e del tempo per apprendere e costruire queste capacità, in modo da rendere efficiente la nuotata in subacquea e permettere di sfruttare al meglio i 15 metri nuotati sotto acqua.

Un altro aspetto importante è l’analisi biomeccanica delle nuotate subacquee, come ad esempio poter osservare le differenze tra le nuotate subacquee in posizione prona e supina.
Io sono partito dall’osservazione di alcuni fenomeni fisiologici che avvengono nuotando sott’acqua e che erano sconosciuti nell’ambito del nuoto agonistico come il fatto che quando una persona si immerge completamente in acqua diminuisce il numero di pulsazioni, il numero di pulsazioni poi “esplode” nel momento in cui l’atleta riemerge e compie le prime inspirazioni!
Al momento non credo esistano studi di fisiologia umana subacquea riconosciuti, come invece ne esistono nell’ambito delle attività sportive terrestri.

Partendo da tutto questo, con Mike abbiamo provato a confrontarci sugli esercizi, abbiamo provato a proporli ad atleti di alto livello nelle nostre rispettive discipline e abbiamo visto che i risultati arrivavano.

L’idea del nome ci è venuta dopo aver seguito un workshop con Gennadi Touretski (l’allenatore di Popov) durante il quale aveva parlato del fatto che il nuotatore in acqua avrebbe dovuto “swim like a fish” e che questa tipologia di movimento fosse la migliore per l’uomo in acqua.

Il ragionamento è stato quello di pensare che essendo l’uomo un mammifero, l’animale che più gli assomiglia in ambiente acquatico è il delfino (o comunque un cetaceo). E da questa riflessione è nato il nome del progetto: SWIM LIKE A DOLPHIN®!

L’obiettivo di questo progetto è quello di invogliare le persone (non apneisti o atleti di alto livello) ad andare sotto acqua in un modo che potesse assomigliare a quello di un delfino, quindi naturale, spontaneo e fluido. E di rendere semplici i movimenti del nuoto anche per le persone meno esperte di nuoto o per quelle che vogliono avvicinarsi per la prima volta al mondo acquatico: sia in superficie sia sott’acqua.

(Intervista a cura di Laura Vergani – Foto: M.Maric)

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