Finale 200 stile libero femmine
Ecco la descrizione della gara di un utente del forum di Corsia4. Mi scuso se per motivi di tempo non posso andare a ritrovare l’autore, ma invito tutti i lettori ad andare a leggere il forum.
Anche la Pellegrini non al livello del sette colli. La McKeon fa la gara della vita. Parte col piglio di chi non ha nulla da perdere e spacca la gara 26.6-55.3. La Ledecky se ne accorge e piazza parziali di fuoco nel riprenderla e poi andarsene: è nel secondo 50 che stacca la Sjöström… poi le due faranno gara parallela. La spunta l’americana con un grande, quanto pronosticato, 1.53.73, davanti a una sontuosa Sjöström (1.54.08) e una inaspettata McKeon (1.54.92.) Mai in gara la Pellegrini, che passa addirittura in 56.45, recupera nel ritorno ma non basta: 1.55.18.
Brava Federica, comunque. Il livello medio è stato superiore alle attese: dalla terza alla sesta sono arrivate tutte molto vicine. Peccato. Una medaglia olimpica a fine carriera se la sarebbe meritata davvero”.

FEDERICA PELLEGRINI. È la prima nuotatrice nella storia dei Giochi a entrare in una finale olimpica per quattro volte consecutive. La preparazione è stata quasi perfetta, tanto da farla arrivare quarta, a ventotto anni, dietro a una giovane intraprendente e a due fenomeni. Dei meriti alla carriera avremo modo di riparlare. Un fatto: col tempo del Settecolli, 1’54”55, avrebbe conquistato il bronzo. Una frase da lasciare in sospeso: “Negli ultimi metri non ne avevo più e non so spiegarmi il perché”.
Un’altra cosa: è doveroso ringraziarla di tutto quello che ha fatto, per sé, per il nuoto, per i tifosi, qualunque decisione prenderà a fine Olimpiade in merito alla sua carriera. Olimpiade che, per inciso, non è ancora finita, nemmeno per lei.

KATIE LEDECKY. Si allena con gli uomini e li batte. Vuole diventare la regina dello stile libero, vincendo tutte le gare tranne i cento, e lo farà. Non c’è tattica altrui che possa sorprenderla. La più veloce è lei. Chapeau.

SARAH SJÖSTRÖM. Si decide a fare i duecento stile libero contro quella Federica Pellegrini che ammirava da ragazzina,  e conquista la medaglia d’argento, contribuendo a spodestarla dal podio. Ricorda un po’ la finale di Atene 2004, in cui Federica arrivò seconda e la sua “ispiratrice” Franziska Van Almsick, quinta.

EMMA McKEON. Bravissima! Ha superato la delusione dei cento  farfalla, da cui è uscita in lacrime, e nei duecento stile libero ha piazzato uno sprint che ha sparigliato le carte. Quindi ha retto il ritorno della Pellegrini e ha vinto un bronzo meritato.

MICHAEL PHELPS. Fantastico? Immenso? Vince tutto. Si ritira. Torna alle gare. Subisce delle punizioni per cattiva condotta che gli impediscono di prepararsi per il Mondiale di Kazan. Cambia stile di vita. Diventa padre. Torna all’Olimpiade, il che significa anche che supera i Trials americani. È determinante nella vittoria della 4×100 USA. Nuota i suoi duecento farfalla. Vince la medaglia d’oro. Non ne era sicuro, quindi esulta come a dire: “Chi siete voi? Venite qua! Sono ancora io il più forte!” Si commuove sul podio. Partecipa inoltre a quella sorta di ribellione contro il doping che si percepisce in vasca e nelle conferenze stampa. “Non so quante gare ho fatto in una piscina sporca.” Fenomeno. Pulito.

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GLI AZZURRI

LUCA DOTTO. Nuota tutto l’anno attorno ai 48 secondi nei cento stile libero. Fa anche il record italiano in primavera, scendendo sotto quel muro. Arriva all’Olimpiade. I suoi tempi salgono tra i tre e i cinque decimi le tre volte che è sceso in vasca. È bastato per qualificarsi in semifinale, ma non per la finale. La sua frase chiave: “Ero troppo stanco negli ultimi quindici metri”. Questa frase è stata detta da un po’ troppi italiani, mi sembra. Per ora lasciamola in sospeso. Forse qualcuno saprà dargli una spiegazione, a freddo.

ALESSIA POLIERI e LUCA PIZZINI. Si qualificano per le semifinali. Al di là dei tempi, ricordiamo le parole lette a suo tempo in un giornale o ascoltate in una delle trasmissioni di Radio Corsia4: “Vogliamo portare all’Olimpiade chi è in grado, potenzialmente, di superare almeno un turno di gara. Inoltre le staffette dovrebbero qualificarsi tutte per la finale”. Sono parole riportate, quindi da non prendere come oro colato, ma sono comunque ragionevoli. Alessia e Luca, quantomeno, in semifinale ci sono entrati. Resta fuori dalla semifinale dei duecento farfalla, invece, STEFANIA PIROZZI, per un arrivo troppo lungo, ha detto. La zona mista di fronte a Elisabetta Caporale, in questa edizione delle Olimpiadi, può essere chiamata “Valle di lacrime” e dispiace anche dirlo.

SIOBHAN-MARIE O’CONNOR. Luca Sacchi, che di misti se ne intende, fa notare la bellezza della nuotata di questa ragazza inglese che riesce a tenersi quasi incollata a Sua Maestà KATINKA nei 200 misti. Negli ultimi venticinque metri di gara ha dato anche l’impressione di poterla raggiungere, ma non ce l’ha fatta. Bravissima, comunque.

4×200 STILE LIBERO. Gli Stati Uniti preparano le Olimpiadi e basarsi sui loro risultati ai Mondiali dell’anno precedente per capire cosa potranno fare è fuorviante perché poi, spesso, arrivano e vincono. Una nota di merito va alla Gran Bretagna, che sembra aver seguito il motto “Pochi, ma buoni” e ha vinto l’argento. Dell’Italia che dire? Che il miracolo l’ha fatto a maggio? Che GABRIELE DETTI avrebbe dovuto avere il belga a fianco perché sarebbe stato stimolato a superarlo da par suo? Che un’altra staffetta, quella che un anno fa era indicata come la più debole, è fuori dalla finale per pochi centesimi?

FINALI STUPENDE E LIVELLO ALTO. Questo è il Leitmotiv di questa edizione delle Olimpiadi. Vale la pena alzarsi alle tre di notte perché ogni gara regala emozioni. Può esserci un record, un’impresa, un assolo, una lotta tra tanti atleti racchiusi in un fazzoletto, tempi-gara che si abbassano rispetto agli standard. Molte delle finali e qualche semifinale sono state veramente “stellari”. I nuotatori tirano fuori gli artigli già in batteria, come potete anche sentir dire dagli azzurri: vanno tutti forte fin da subito e più velocemente di quanto ci si potesse aspettare prima di arrivare qua. Tutto ciò fa bene allo spettacolo e al nuoto. Peccato che per il momento gli italiani stiano arrancando. Se non riusciranno a riprendere il mondo nei prossimi giorni, probabilmente lo faranno a Budapest tra un anno e noi ricominceremo a sperare in una grande Olimpiade per i colori azzurri nel 2020.

LE DELUSIONI ALTRUI. Quante saranno le controprestazioni che non vediamo o di cui non ci curiamo solo perché non sono gli italiani a farle? Quanti saranno i grandi che deludono? Quali saranno le loro spiegazioni o le loro giustificazioni? Le seconde linee degli altri Paesi come saranno andate? Nella grande giostra delle Olimpiadi non c’è il tempo di verificare tutti i risultati di tutti, visto che ogni giorno ci sono tredici ore di sport da seguire in diretta. Diciamo qualche nome che ha in qualche modo deluso, anche per non eccedere nell’italo-centrismo in negativo. Solo i nomi: NING ZETAO, CHAD LE CLOS, LÁSZLÓ  CSEH, forse MIREIA BELMONTE GARCIA, YANNICK AGNEL, CAMILLE LACOURT, PAUL BIEDERMANN, EMILY SEEBOHM.

LILY KING. Si fa paladina della crociata di alcuni atleti contro il doping. Dopo MARK HORTON che dichiara in zona mista di non avere rispetto per chi si dopa, riferendosi a SUN YANG, lei afferma in faccia alla EFIMOVA che chi è dopato non dovrebbe poter gareggiare. Le fa un gesto “poco carino” dopo la semifinale, salvo scusarsi in conferenza stampa; mostra il dito da “numero uno” imitando la russa dopo la finale ribadendo di aver vinto anche contro il doping.
Soprattutto dice che anche gli americani ex dopati non dovrebbero gareggiare; dice esplicitamente che anche Gatlin non dovrebbe correre. Grandissima.

(Foto copertina: G. Scala | Deepbluemedia)