Dopo quattro ori consecutivi, per la prima volta Michael Phelps non difenderà il titolo dei 200 misti ai Giochi Olimpici.

Il suo erede, perlomeno in suolo statunitense, non è Chase Kalisz – qualificato in virtù del secondo posto ai trials, ma è nei 400 che ha le chance maggiori – né Ryan Lochte, che chiude la sua carriera con una comunque onorevole (ma nostalgica) finale dei trials.

Sarà Michael Andrew a cercare di mantenere in casa l’oro che, prima di Phelps, è stato di Massimiliano Rosolino. Il classe 1999 ha nuotato ad Omaha due gare sontuose, ed in semifinale ha messo a segno la quinta prestazione di sempre nella distanza, primo tempo dell’anno.

Michael Phelps era tra il pubblico, ospite d’onore insieme alla sua famiglia, e chiamarlo in causa per commentare il Team USA che stava nascendo era inevitabile.

Così, il Baltimore’s Kid ha parlato anche di Michael Andrew.

Intanto, un po’ di chiarezza su ciò che ha detto Michael Phelps. Intervistato per il commento della super prestazione di Andrew nelle semifinali dei trials – 1’55”28 – l’ex campione americano NON ha detto che Andrew non si allena, e nemmeno che non lo fa in modo corretto, come invece sembra trapelare da alcuni titoloni sul qua e là.

Quella che potrebbe sembrare una critica alla metodologia che ha portato la famiglia Andrew a programmare da tempo questo singolo risultato, è in realtà una constatazione di chi si può ritenere, a ragion veduta, uno dei massimi esperti della disciplina. Il discorso ruota tutto intorno alla frazione a stile di Andrew – 29”96 in occasione della semifinale, addirittura 30”06 in finale – chiaramente meno solida del resto della gara, come d’altronde si evince dai passaggi.

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Penso solo che per nuotare un buon 200, devi allenarti per i 400. Per nuotare un buon 100, devi allenarti per un 200.

Phelps intende dire che l’assenza di un 50 finale adeguato potrebbe derivare da un semplice problema di allenamento.

Andrew, d’altronde, è nato come cinquantista, e a Gwangju è stato – unico nella storia – finalista mondiale in tutti e quattro i 50, senza però raccogliere nemmeno una medaglia. Si è poi necessariamente spostato sui 100 in vista dei Giochi, e il suo percorso è stato premiato con la qualificazione nei 100 rana condita da un tempo da podio mondiale.

Ma è nei 200 misti che, in chiave olimpica, ha le chance maggiori. I consigli di Phelps potrebbero servirgli, eccome.

Paragonando la sua gara con quella degli altri top 10 della storia, notiamo subito come Andrew sia il migliore nella frazione iniziale, 23”90, unico sotto i 24”: nei 50 farfalla a Gwangju 2019 fu quarto e la sua attitudine alla velocità lo favorisce rispetto a molti altri duecentisti classici.

Il suo dorso, 29”19, non è eccelso come quello di Lochte e Pereira ma è decisamente in media per una gara di altissimo livello.

È innegabile che, tempi alla mano, Andrew sia deficitario nell’ultima vasca. Di tutti gli atleti in top 10 all time nei 200 misti, il 50 stile peggiore è il suo.

Ancora Phelps: “Quando l’acqua ti scivola via in quel modo, credo sia un errore di allenamento. Forse in allenamento non stai dando la giusta possibilità al tuo corpo di sentire ciò che proverai in gara negli ultimi 25 metri. Con una rana da 32”1, se finisce in 28” fa il record del mondo!”.

Per centrare il punto di Phelps, basta guardare il passaggio ai 150. Andrew è nettamente il migliore, ed ha più di un secondo di vantaggio su Lochte, addirittura uno e mezzo su Phelps.

La rana da 32” basso rappresenta effettivamente un crack nella gara che nessuno era stato in grado di portare a questi livelli. Meglio di lui, solo Eric Shanteau, che però aveva un dorso pessimo.

“Con l’anno che abbiamo passato tutti, di alti e bassi, ci sono molte considerazioni da fare”, ha concluso Phelps.

“Ma la costanza per riuscire a finire la gara come vuoi arriva dalle ripetizioni in allenamento. Solo attraverso quelle potrai dare tutto nei momenti cruciali.”

Michael Andrew ha sicuramente preso nota.

Foto: Fabio Cetti | Corsia4