Chissà se Annette Kellerman, la pioniera del nuoto femminile australiano, dopo avere vinto il titolo delle 100 yards nel campionato nazionale, si sarà fermata a guardare una ragazzina di undici anni che era appena arrivata ultima nella gara delle studentesse. Negli anni seguenti Annette, prima di dedicarsi alla carriera cinematografica, le avrebbe passato idealmente diversi testimoni: quello dei successi, quello dei record mondiali, quello delle parità con gli uomini e delle libertà delle donne, quello dello stile libero da perfezionare.

Quella ragazzina si chiamava Sarah Fanny Durack e avrebbe avuto l’onore di essere la prima olimpionica femminile di nuoto, ma per arrivare a quella meta avrebbe dovuto battere i pregiudizi dell’epoca, piena di stravolgimenti economici, tecnologici, scientifici, sociali, sportivi in tutto il mondo.

Accadde nel 1889…

Fanny nacque nel 1889 a Sydney, terza figlia femmina su sei figli di due operai australiani.

Nello stesso anno venne fondata la Seconda Internazionale, venne isolato il batterio del tetano, nacque Hitler, venne inaugurata la Torre Eiffel. Inoltre venne brevettato il primo sistema di commutazione telefonica che non richiedeva la presenza di un operatore, venne “inventata” la pizza Margherita, si suicidarono il principe ereditario d’Austria e sua moglie, venne fondato il Wall Street Journal.

Sport come il calcio o il football australiano erano ancora in fase di definizione di regole universalmente accettate. Il regolamento definitivo del tennis era stato approvato nel 1888. La pallacanestro e la pallavolo non erano ancora state inventate.
Dopo sette anni si sarebbe svolta la prima edizione delle Olimpiadi. Nel nuoto, ancora, lo stile libero moderno non esisteva.

Foto: dailytelegraph.com.au

Fanny e gli esordi nel nuoto… di necessità virtù

La Durack aveva imparato a nuotare da piccola nei Coogee Baths, vicino casa, e aveva presto messo in mostra delle doti di velocità non indifferenti, inizialmente nell’unico stile per il quale esistevano competizioni femminili, la rana. Lei trovava nel nuoto la pace mentale, ma ciò che la spinse a migliorarsi fu la necessità. A nove anni di età, mentre era in vacanza, si trovò in difficoltà nuotando tra le onde del mare e decise che sarebbe diventata così brava da poter svolgere il mestiere di addetta alla sicurezza.

Fanny aveva una buona amica nell’altra futura medagliata olimpica Mina Wylie, il cui papà era il proprietario dei Coogee Baths. Le due si allenavano insieme e perfezionarono lo stile libero, noto come Australian Crawl. A vent’anni Fanny e Mina avevano già realizzato diversi record mondiali non ufficiali, ma volevano avere un riconoscimento internazionale ufficiale. Così dovettero subire prima e sfidare poi il “pregiudizio maschilista olimpico”.

Sport femminile e Olimpiadi

Per De Coubertin le Olimpiadi erano una rivisitazione degli ideali della Grecia Antica e in particolare erano l’espressione della sua ammirazione per i corpi bianchi, mascolini, atletici. Del resto in Francia, dove lui era cresciuto, lo sport femminile praticamente non esisteva e non vedeva le donne alle Olimpiadi se non come spettatrici. Nelle sue parole le Olimpiadi sarebbero dovute essere “l’esaltazione solenne e periodica dell’atletismo maschile con il cosmopolitismo come base, la fedeltà come mezzo, l’arte come sfondo, l’applauso femminile come premio”. Inoltre, secondo il pensiero contemporaneo le donne reali non erano rappresentate dalle Amazzoni e l’esercizio sportivo le avrebbe danneggiate, impattando negativamente sulla loro capacità di essere mogli e madri.

La partecipazione delle donne alle prime edizioni dei Giochi fu molto limitata, se non assente in molti eventi e per molte nazioni. Si svolsero manifestazioni femminili di vela, equitazione e tennis nel 1900; nel 1904 fu permesso il tiro con l’arco femminile, purché le donne fossero coperte di tutto punto. Nel 1908 le ginnaste, le pattinatrici, le tenniste poterono partecipare purché ben accompagnate.

L’opposizione al nuoto femminile era enorme: ciò che le donne mostravano era troppo rivelatore e ciò che facevano era troppo poco femminile. Così nelle prime edizioni dei Giochi Olimpici solo gli uomini erano ammessi alle gare di nuoto. I nomi di spicco dell’epoca erano quelli dell’ungherese Alfréd Hajós, dell’americano Charles Daniels, del britannico Henry Taylor, dell’ungherese Zoltán Halmay.

Fu solo con l’edizione del 1912 che De Coubertin fu messo in minoranza e il nuoto femminile iniziò la sua avventura olimpica, insieme ai tuffi. Il vento aveva iniziato a soffiare in una nuova direzione.

Il nuoto femminile… in Australia

Prima e dopo avere superato l’ostracismo internazionale olimpico, le atlete australiane dovettero fare i conti con quello domestico.

In Australia le donne imparavano a nuotare presto così come gli uomini ed esistevano associazioni di nuotatrici che organizzavano delle competizioni esclusivamente femminili. Le stesse femministe del tempo incoraggiavano le donne a tenersi in forma e in salute anche attraverso la pratica del nuoto.

Ciò che era controverso era la possibilità dei bagni misti. Rose Scott, una delle più importanti leader femministe in Australia al volgere del secolo, era la presidente della New South Wales Ladies’ Amateur Swimming Association (NSWLASA) e, così come si opponeva alla pratica di condividere i bagni e le piscine tra uomini e donne, era contraria anche al fatto che gli uomini osservassero le gare femminili, anche se si trattava dei fratelli o dei padri delle ragazze.

Il motivo dell’opposizione era sessuale: secondo la Scott gli uomini sarebbero diventati “sicuramente” dei predatori sessuali delle donne con cui avessero condiviso la piscina o di quelle che stessero osservando o anche di altre donne spettatrici dell’evento, poiché sarebbero stati eccitati dalla vista delle gare.
Fortunatamente questa opinione non era supportata da tutte le associazioni femministe e nemmeno dal sindaco di Randwick, la cittadina dove erano dislocati i Baths nei quali si allenava la Wylie. Perciò lì le due ragazze poterono allenarsi insieme. Secondo il sindaco “il nuoto è lo sport del futuro; inoltre il corpo femminile ha ispirato grandi pittori e scultori e non c’era motivo per la discriminazione sessuale”.

Una volta che la notizia della possibile partecipazione delle donne all’Olimpiade di Stoccolma era arrivata in Australia e in particolare a Sydney, la comunità locale manifestò in favore della partecipazione di Fanny, ma la sua associazione di appartenenza, la NSWLASA appunto, era contraria, e l’arcivescovo cattolico di Sydney sosteneva che le donne dovevano rimanere a casa perché erano la fabbrica della società. Inoltre i selezionatori del team australiano ritenevano uno spreco di tempo e di denaro portare anche le donne in Svezia.

A far loro cambiare idea fu l’opinione pubblica, che stava iniziando a sostenere il diritto delle nuotatrici ad apparire in pubblico in eventi misti. L’esclusione di Fanny fu infatti vista come uno scandalo nazionale. I club femminili organizzarono marce, petizioni, raccolte fondi. La stampa dette notizia degli eventi e si pronunciò in editoriali favorevoli alla partecipazione delle due atlete.
Un pronunciamento pubblico portò a un voto e a un cambio delle regole interne alla NSWLASA e quindi fu permesso alle due ragazze di fare il viaggio in Europa, purché pagassero da sé. A quel punto la moglie di Hugh Mcintosh, un imprenditore teatrale e sportivo, nonché proprietario di un giornale, lanciò un appello per la raccolta di fondi presso il pubblico, i familiari e gli amici ed ebbe un grandissimo successo.

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Fanny Durack (oro), Mina Wylie (argento) e Jennie Fletcher (bronzo) nei 100 stile libero | www.abc.net.au

Fanny alle Olimpiadi di Stoccolma 1912

La Durack andò in Svezia passando per Londra, dove si allenò per mezzo miglio al giorno.

Rose Scott si dimise affermando che “questa decisione avrà un effetto molto volgare sulle ragazze e sulla comunità in generale”. Non sappiamo quale sia stata la sua opinione in merito ad altri diritti e libertà via via conquistati: il diritto di voto alle donne australiane nel 1902; la libertà di nuotare insieme tra maschi e femmine, ormai acquisita negli anni Dieci del Novecento anche per merito della Kellerman che approfittò di un “Carnevale natatorio” per intrufolarsi tra gli uomini. La libertà di nuotare in costumi confortevoli (fu la Kellerman la prima a nuotare in costume a un pezzo, suscitando scandalo, e fu arrestata nel 1906 a Boston per avere nuotato con un costume definito indecente); il diritto degli Aborigeni di nuotare in piscine pubbliche, conquistato solo nel 1965.

Solo 27 donne presero parte ai due eventi di nuoto che si svolsero a Stoccolma: i 100 metri stile libero e la staffetta 4×100.

La Svezia e la Gran Bretagna mandarono sei atlete ciascuna. L’Australia portò la Durack e Mina Wylie, mentre gli Stati Uniti decisero di portare sei maschi e nessuna donna. Non c’è da stupirsi per l’assenza dell’Italia: la prima donna a partecipare all’Olimpiade fu la tennista Roberta Gagliardi ad Anversa nel 1920.

Apriamo una parentesi per ricordare anche che la prima nuotatrice italiana a partecipare a un’Olimpiade in gara individuale è stata Maria Livia Nardi, arrivata quinta nella prima batteria dei 100 metri stile libero a Helsinki ’52 col tempo di 1:13.2. Nella stessa edizione la staffetta 4×100 femminile arrivò quinta in batteria in 4:52.6. Le componenti del quartetto azzurro erano, oltre alla Nardi, Fides Benini, Eva Belais, Romana Calligaris. Chiudiamo la parentesi e torniamo in… Svezia.

La piscina olimpica era costruita nel porto di Stoccolma e l’acqua era salata e così scura che non si vedeva il fondo. Non erano definite neppure le corsie: gli atleti si disponevano uno accanto all’altro e si tuffavano da un ponte di legno.

Fanny fu ostacolata anche dalle restrizioni ai costumi che le donne potevano indossare al tempo. I costumi da nuoto variavano da quelli a mezza coscia a quelli a mezze maniche. La Durack a Stoccolma indossò il costume più pesante: un indumento di lana a mezze maniche con una gonna.

Inoltre le nuotatrici non potevano viaggiare senza almeno un’accompagnatrice.

Malgrado gli ostacoli, la Durack aprì la sua carriera olimpica in grande stile, stabilendo un record mondiale di 1:19.8 durante le batterie dei 100 stile libero. Lei e la Wylie nuotavano in rappresentanza dell’Australasia, un team formato da Australia e Nuova Zelanda. La Durack vinse quindi facilmente la semifinale e poi conquistò la medaglia d’oro in finale col tempo di 1:22.2, più di tre secondi veloce rispetto alla Wylie. La britannica Curwen, detentrice del record mondiale successivamente battuto da Fanny, era attesa tra le pretendenti al titolo, ma dovette ritirarsi dopo le semifinali a causa di un attacco di appendicite

Avendo a disposizione due soli elementi, l’Australia non poté partecipare alla staffetta 4×100 e la richiesta delle due australiane di effettuare duecento metri ciascuna, non fu accolta. La staffetta se l’aggiudicò il quartetto britannico, composto da Belle Moore, Jennie Fletcher, Annie Speirs e Irene Steer. Al secondo posto, a dodici secondi di distanza, si piazzò la Germania. La Fletcher, peraltro, fu la medaglia di bronzo dei 100 stile libero e parlò del tempo limitato che lei e le sue compagne avevano avuto per allenarsi. “Nuotavamo solo dopo le ore di lavoro, e queste consistevano in dodici ore al giorno per sei giorni a settimana. Ci veniva detto che nuotare in pubblico era scioccante e indecente ed eravamo coperte con un mantello lungo fino al pavimento fino al momento di entrare in acqua”.

Fanny Durack and Mina Wylie | Wikimedia commons

La carriera nel nuoto

Il ritorno a casa di Fanny e Mina fu celebrato con magnificenza. Fanny era un’eroina nazionale.

Dal 1912 al 1918 la Durack stabilì 11 record del mondo. Detenne il record nelle 110 yard stile libero tra il 1912 e il 1921, il record dei 100 metri stile libero dal 1912 al 1923, il record nelle 220 yard stile libero tra il 1915 e il 1921, il record nei 500 metri stile libero tra il 1916 e il 1917 e il record del miglio tra il 1914 e il 1926.

 

Il suo tempo più veloce 1:16.2 fu realizzato nel 1915 e durò cinque anni, finché l’americana Ethelda Bleibtrey vinse l’oro olimpico in 1:14.4 Una sfida tra la Durack e la Bleibtrey sarebbe stata un highlight dei Giochi del 1920, ma un’appendicite con complicazioni (febbre tifoide, polmonite), impedì all’australiana di partecipare. Nel 1916 invece l’Olimpiade non si era disputata a causa della Prima Guerra Mondiale.

A seguito del loro successo ai Giochi, la fama delle due ragazze australiane si espanse nel mondo. Fanny e Mina girarono tre volte per l’America negli anni successivi, insieme anche alla Kellerman, e contribuirono a rompere molti tabù che impedivano alle donne delle altre nazioni di partecipare a competizioni di élite. In questi tour le due atlete gareggiarono anche l’una contro l’altra e dettero dimostrazione del crawl australiano, portandolo così all’attenzione del mondo del nuoto.

Nessuno può dire quante medaglie in più avrebbe conquistato la Durack se non ci fossero state solo due gare di nuoto femminili contro le sette maschili. Del resto, questa disuguaglianza nel calendario sarebbe durata ancora a lungo: fino a Monaco ’72 gli eventi maschili hanno sempre superato in numero quelli femminili.

Sia gli uomini che le donne hanno poi gareggiato in tredici eventi nel ’76 e nell’80. Nelle successive tre Olimpiadi, le gare femminili erano di nuovo in numero inferiore per pareggiarsi definitivamente nel ’96, anche se con la differenza che le donne nuotano gli 800 metri stile libero e gli uomini i 1500 metri. Un’analoga situazione è riscontrabile nell’atletica.

La Maratona femminile ha fatto la sua apparizione a Los Angeles ’84. Prima di quella Olimpiade, le gare femminili di atletica di corsa in pista finivano con i 1500.

La Durack smise di nuotare nel 1921 dopo il matrimonio con Bernard Gately nella Cattedrale di St Mary a Sydney.

Diventò quindi allenatrice junior e membro esecutivo della New South Wales Women’s Amateur Swimming Association.

Morì nel 1956 e nel 1967 meritò la citazione nell’International Swimming Hall of Fame.

(Foto copertina: Fanny Durack | www.neatorama.com)

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